LE SEZIONI DEL VIVAIO E L’IMPIANTO DELL’ARBORETO
La struttura logistica e operativa dei vivai è complessa e variabile, in funzione del livello di specializzazione e dell’indirizzo produttivo.
In generale l’azienda vivaistica si suddivide in più settori, ciascuno organizzato per assolvere ad una determinata fase del ciclo produttivo.
Il vivaio è costituito da varie sezioni che, a seconda dello scopo a cui sono destinate, si chiamano: collezioni, semenzaio, barbatellaio, nestaio e piantonaio.
A) LE COLLEZIONI
Si tratta di appezzamenti coltivati che ospitano le piante madri, da cui si preleva il materiale di prima propagazione (semi, talee, marze, barbatelle da margotta o da propaggine, ecc..). Questo settore può essere più o meno rilevante per il vivaio secondo le sue finalità. Le norme dei regolamenti fitosanitari impongono, per le collezioni, l’allestimento di particolari apprestamenti protettivi finalizzati al mantenimento di un ottimo stato sanitario (es. barriere antinsetto per la prevenzione delle virosi).
B) IL SEMENZAIO.
Il semenzaio è l’appezzamento di terreno dove le piantine vengono allevate nei primi due anni di vita
È il settore destinato alla prima propagazione dei semenzali. Esso è costituito da letti all’aperto, cassoni o bancali all’interno di serre. I semenzali vi permangono per pochi mesi, dopodiché vengono sottoposti a trapianto o innesto.
Il semenzaio è adibito alla riproduzione delle piante (portainnesti, varietà da seme, specie selvatiche per rimboschimento, ecc..), partendo dal seme. Per facilitarne la germinazione, soprattutto nelle zone più fredde, si fa spesso uso di letti caldi o semicaldi.
Il comune semenzaio è costituito da parcelle di terreno, spesso delimitate da mattoni o assi in legno, di ampiezza e dimensioni adatte a consentire l’esecuzione dei lavori (normalmente non più larghi di 150 cm). In queste parcelle spesso è presente un sottofondo in materiale drenante (es.: ghiaia), su cui posa il substrato di coltivazione, generalmente costituito da sabbia di fiume o sabbia mista a terriccio.
C) IL BARBATELLAIO
È un settore destinato alla produzione delle barbatelle, in gran parte ottenute per taleaggio. Il barbatellaio è ubicato in piena terra ma in genere comprende anche cassoni e bancali di radicazione, questi ultimi dotati anche di impianti per la nebulizzazione e il riscaldamento basale. Il settore è in genere scorporato in più sezioni, di cui una all’aperto, per il taleaggio delle piante a foglia caduca, e una in serra, per l’autoradicazione delle piante sempreverdi.
Il barbatellaio è la parte del vivaio che ospita le talee, che una volta radicate si chiameranno barbatelle. Può ospitare sia talee semplici che innesti – talea. Le talee vengono disposte in file semplici opportunamente distanziate. Le talee possono essere poste in cassoni, analogamente a quanto avviene nei semenzai, o in appositi contenitori (cassettine, vasetti, “pack”, “multipot”, fitocelle, ecc..).
La piantagione delle talee avviene conficcando la loro parte basale nel terreno o substrato di radicazione. L’anno successivo le talee saranno trapiantate in nestaio o direttamente a dimora. Questa struttura è spesso dotata di sistema di climatizzazione o, quanto meno di un impianto di nebulizzazione e protezione dall’eccesso di evapotraspirazione e di luce, dal freddo e dagli sbalzi di temperatura.
D) IL NESTAIO.
Il nestaio è la parte del vivaio destinata ad accogliere le piantine (talee o piantine ottenute da seme) che devono essere innestate. Tra pianta e pianta deve esserci lo spazio necessario a consentire le operazioni di innesto.
È un settore collegato al barbatellaio ed è destinato alle operazioni di innesto. Queste sono eseguite in campo sulle barbatelle dei portinnesti, oppure a tavolino sulle talee dei portinnesti.
E) IL PIANTONAIO
- Il piantonaio è quella parte del vivaio in cui vengono trapiantate le piantine provenienti dal semenzaio o dal barbatellaio o dal nestaio, in attesa di essere collocate a dimora. La collocazione in piantonaio permette alle piantine di irrobustirsi e sopportare la crisi di trapianto che potrebbe verificarsi. I giovani fruttiferi vengono lasciati nel piantonaio finché non avranno raggiunto un sufficiente sviluppo. Altre specie vi rimangono in attesa di essere coltivate in appositi contenitori o nel vivaio in piano campo per le successive fasi di allevamento.
- Vi sono collocate soprattutto quelle specie che presentano un accrescimento giovanile ridotto e vi restano per un periodo che va da uno a massimo tre anni. In piantonaio le piantine accrescono il diametro del fusto e la chioma tende ad aumentare le dimensioni più in larghezza che in altezza: questo avviene anche per l’apparato radicale che tende ad espandersi lateralmente. Solo le piantine con caratteristiche ottimali vengono poi destinate al rimboschimento.
- È un settore in cui si fanno stazionare le piante propagate prima della commercializzazione: durante questo periodo esse vengono formate mediante la potatura di allevamento. La permanenza in piantonaio in genere varia da un minimo di un’annata ad un massimo di 2-3 anni secondo la specie propagata, perciò l’estensione del piantonaio è subordinata alla specializzazione produttiva del vivaio. Il piantonaio è allestito in piena terra quando si producono astoni a radice nuda. Le piante commercializzate con pane di terra si allevano in appositi contenitori di plastica ( contenitori alveolati, multiforo).
- Il piantonaio è la parte del vivaio nella quale si trapiantano e si coltivano i semenzali delle piante forestali dopo estratti dal semenzaio. Il terreno che meglio si presta è quello sciolto sabbioso di alluvione, possibilmente irriguo preparato con una sarchiata abbondantemente concimata con stallatico. Il terreno si ara profondamente e vi si incorporano 30-40 q di letame e 60-80 kg di scorie Thomas per 1000 m2. I trapianti si dispongono a file diritte equidistanti usando apposite funicelle su cui sono segnate le distanze, o tavolette apposite o altri dispositivi. Il numero di piantine varia a seconda del tempo che esse rimarranno in piantonaio. Nel caso che esse vi rimangano 2-3 anni dopo l’innesto, le file si terranno a 70-80 cm e le piantine a circa 50 cm sulla fila. Nei vivai di pioppo, almeno in Italia, il piantonaio corrisponde alla parte ove sono trapiantate le barbatelle staccate provenienti dal barbatellaio di un anno: con due anni (assai meno bene uno) di vegetazione se ne otterranno le pioppelle da mettere a dimora. La distanza tra le barbatelle dovrà essere almeno di m 0,40 x 1,80.
L’IMPIANTO DELL’ARBORETO
Ogni scelta, riguardante l’impianto di un arboreto, qualsiasi siano le finalità, le specie, le varietà, i portainnesti, i cloni, le consociazioni, i sesti d’impianto, ecc., deve assolutamente essere conseguenza di analisi accurate e valutazioni ponderate. Oltre alle caratteristiche pedo – ambientali, che devono essere compatibili con le piante che si intendono coltivare, si dovranno tenere in considerazione anche i fattori economici, legati al mercato, all’esistenza di strutture di assistenza tecnica, centri di raccolta, stoccaggio, distribuzione dei prodotti finali. Inoltre, una attenta valutazione economica deve considerare i tempi necessari all’ammortamento delle spese d’impianto, la possibilità di meccanizzare le operazioni colturali, la necessità e la disponibilità di manodopera avventizia e molti altri aspetti che definiscono l’economicità dell’investimento.
LA SCELTA DELLA SPECIE, DELLE CULTIVAR E DEI PORTAINNESTI
La scelta della specie o delle specie, delle cultivar e dei portainnesti costituisce un momento delicato e determinante dell’impianto. Ciò anche per la rapidissima evoluzione delle esigenze del mercato. In frutticoltura specie e cultivar devono possedere requisiti ben precisi, quali:
- Perfetta adattabilità all’ambiente pedo – climatico.
- Epoca di maturazione rispondente alle esigenze commerciali.
- Elevata produttività.
- Buona conservabilità.
- Spiccata resistenza ai trasporti ed alle avversità parassitarie.
Dato il crescente interesse per l’agricoltura biologica e la riscoperta di vecchie cultivar che appartengono alla tradizione, per quanto auspicabili, si dovrà considerare l’effettiva economicità, dato che queste cultivar spesso necessitano di situazioni ambientali notevolmente semplificate e di sistemi di allevamento non più economici.
La scelta delle cultivar è connessa anche alla scelta delle loro migliori impollinatrici, nonché del loro più idoneo portainnesto.
Per alcune specie o varietà, o per particolari finalità (es.: conservazione di antiche cultivar, o ripristini ambientali, forestazioni di pianura, ecc..), si devono valutare anche le opportunità di finanziamenti comunitari.
La cultivar e il portainnesto condizionano la scelta della forma di allevamento e, conseguentemente, la distanza d’impianto.
Nella scelta dei portainnesti gli aspetti da considerare sono:
- L’adattabilità alle condizioni pedoclimatiche.
- L’affinità con la CV prescelta.
- La capacità di conferire al nesto il grado di vigoria compatibile con una precoce messa a frutto, con una soddisfacente fruttificazione e con uno sviluppo delle piante tale da favorire un’economica esecuzione delle principali operazioni colturali.
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