CENNI STORICI DELLE LEGUMINOSE

cenni storici delle leguminose

I legumi hanno rappresentato la base proteica nella dieta delle popolazioni soprattutto meridionali fin dal Medio Evo, per poi essere abbandonati a partire dal secondo dopo guerra a causa del cambiamento delle abitudini alimentari e sociali, in favore delle proteine di origine animale.

I Legumi sono frutti delle leguminose quali il fagiolo, il cece, il pisello, la fava, la soia, il lupino, la lenticchia, la veccia, l’arachide e la cicerchia, costituiti da baccelli divisi in due valve contenenti semi commestibili; il termine indica anche questi semi usati per l’alimentazione umana e animale.

Salvo il fagiolo e l’arachide, provenienti dall’America, e la soia, originaria dell’estremo Oriente, sono tutti originari del bacino del Mediterraneo e del vicino Oriente e in questi territori sono coltivati da migliaia di anni.

Oggi, alla luce di nuove conoscenze in campo alimentare e alla crescente attenzione alla sostenibilità dei sistemi produttivi, le leguminose da granella, come fava, pisello, cece, lenticchia e cicerchia, sono state rivalutate.

LE ORIGINI DELLE LEGUMINOSE

Le Fabaceae o Papillionacee, meglio conosciute come leguminose, sono dei semi racchiusi in un baccello e appartengono alla cerchia dei vegetali. Abbondano le notizie sulla loro coltivazione, preparazione e consumo.

La loro storia è antica e ricca di testimonianze, come ad esempio la presenza di legumi nelle tombe reali Egiziane, oppure la loro citazione da parte di Omero nell’Iliade, e ancora nell’Antico Testamento sono ulteriormente presenti.

La loro origine risale intorno ai 20.000 anni fa in alcune culture orientali, mentre una storia diversa vive il fagiolo comune in quanto è stato coltivato per la prima volta 5.000 anni fa. ed era diffuso sia tra gli aztechi che tra gli incas.

Sebbene gli storici non siano sicuri se i fagioli sono stati introdotti in Europa dopo la scoperta dell’America, è vero che la coltivazione di questo legume risale a tale periodo. Queste antiche culture sapevano già che il segreto dei legumi era la loro varietà e il loro immenso valorenutritivo. Già i nostri antenati conoscevano il segreto di questi ortaggi, ossia il loro immenso valore nutritivo: contengono dal 25 al 40% di proteine, di gran lunga superiore al valore biologico dei cereali e poco inferiore a quello di origine animale. I glicidi rappresentano circa il 50 % del peso secco, e si dividono in amido, pectina e cellulosa. I lipidi sono presenti per il 3% del peso secco ed i sali minerali insieme alle vitamine sono presenti in discreta quantità.

IL RIVENIMENTO DI RESTI

Resti di piselli risalenti a circa settemila anni prima di Cristo sono stati rinvenuti in Ucraina, lupini e lenticchie in tombe faraoniche della XII dinastia, attorno a un piatto di lenticchie ruota la storia biblica di Esaù.

Le fave erano oggetto di un fortissimo tabù da parte della casta sacerdotale egizia e della scuola pitagorica greca, essendo associate, come del resto tutti i legumi, al mondo dei morti e a pratiche esoteriche: l’unione dei due cotiledoni all’interno di un solo involucro suggeriva infatti il concetto della complementarietà tra la vita esterna (essoterica) e la vita nascosta (esoterica) e, secondariamente, quello della continuità tra la vita e la morte.

IL RUOLO DEI LEGUMI NEI POPOLI ANTICHI

L’elevato valore energetico e la capacità di resistere, una volta essiccati, a lunghi periodi di conservazione, diedero ai legumi fin dall’antichità un ruolo di assoluta centralità nell’alimentazione umana: tanto gli antichi popoli mediterranei quanto quelli dell’America precolombiana, della Cina e del sudest asiatico avevano verificato come l’associazione tra legumi, cereali e una piccola quantità di sostanza grassa, vegetale o animale, realizzasse un modello completo capace di surrogare la mancanza di carne caratteristica delle società agricole improntate all’autoconsumo.

Essi coltivavano dunque i legumi secondo criteri orticoli e ne consumavano i semi sia crudi (fave e lupini) che cotti, da soli, conditi con aceto, come consigliava Catone, o mischiati in rustiche pulmentaria (minestre) assieme al grano, al farro o all’orzo e insaporite con grasso di maiale.

I semi secchi venivano macinati e la farina prodotta era utilizzata in mistura per la panificazione o per ricavarne pappe, puls (polente) e, con la farina di fave, il maccus, anch’esso una sorta di polenta, così diffuso da dare il nome al personaggio dello sciocco mangione nella commedia atellana.

Lenticchie, fave, piselli e fagioli sono alimenti consumati dall’uomo già nella notte dei tempi, ma erano stati sempre considerati poco pregiati e quindi discriminati nella gerarchia alimentare.

Nell’Egitto dei Faraoni erano apprezzati ceci, lenticchie e piselli, i fagioli al contrario erano ritenuti al rango di alimento per poveri e, pur presenti nelle ricette, nel medesimo modo venivano altresì considerati in epoca romana.

IL CONSUMO DEI LEGUMI NELLA ROMA IMPERIALE

Si ritiene che le lenticchie fossero il cibo più diffuso nella Roma imperiale per l’alimentazione del popolo e degli schiavi. Il consumo era così alto da richiedere continue importazioni dall’Egitto e da attirare l’attenzione dei naturalisti e degli scrittori georgici. Tra il I secolo a.C e il I d.C. Varrone, Plinio e Columella testimoniano di tale predilezione e descrivono l’impiego delle piante divelte, dopo il raccolto di lupini e piselli per l’arricchimento del terreno.

L’INCREMENTO DELLA COLTIVAZIONE DEI LEGUMI

In Europa solo verso il X secolo, cioè all’inizio del Basso Medio Evo, con la ripresa dei traffici e dei commerci, si incrementa la coltura dei legumi e si arricchisce pertanto di elementi la dieta alimentare comune, che viene ulteriormente migliorata nel XVI secolo con le varietà esotiche di fagioli americani portati fra altri prodotti dagli Spagnoli.

Si tratta tuttavia di cibo per poveri e per contadini, essendo i legumi molto poco frequenti alla tavola dei ricchi, che, giova ripetere, erano estimatori e consumatori di carne di ogni genere.

È solo con la Rivoluzione Francese (1789) che i legumi salirono di rango e dignità nella gastronomia, essendosi sovvertita la graduatoria della cucina aristocratica.

LE LEGUMINOSE DALL’ALTO MEDIOEVO IN POI

Dall’alto Medioevo, prima della messa a punto di sistemi complessi di rotazione agricola a partire dal XII secolo, le leguminose furono coltivate in campo aperto assieme ai cereali per sfruttare al meglio la loro capacità di fissare nel terreno l’azoto elementare e di restituire così fertilità al terreno. Il prodotto era destinato in prevalenza al consumo della famiglia coltivatrice ma faceva parte del regime alimentare di tutti gli strati sociali. Solo dopo il XIII secolo, col rinascere della vita comunale e la costituzione di un ceto urbano, la coltivazione dei legumi si estese e il prodotto degli orti e dei campi suburbani trovò collocazione sui mercati cittadini. Fu questo il periodo di maggior diffusione della fava, considerata, fino al XV secolo, il migliore tra i legumi in ragione del suo alto rendimento.

Tale prevalenza diminuì progressivamente nei secoli successivi fino all’Ottocento quando, soppiantata dalle nuove specie di fagiolo introdotte dall’America, la fava scomparve quasi del tutto dalle tavole dei ricchi e diminuì sensibilmente la sua presenza su quelle popolari, diventando soprattutto foraggio per i bovini al pari di leguminose minori come la veccia e l’erba medica.

Fatta eccezione per i piselli, la grande gastronomia del XIX e del XX secolo non mostrò apprezzamento per i legumi, che rimasero invece legati alle cucine regionali e a particolari momenti del calendario, principalmente le vigilie.

Il rilancio di un’alimentazione povera di grassi animali e ricca di fibre, di carboidrati e di proteine vegetali, nel quadro della dieta mediterranea, portò dopo il 1970 a una ripresa del consumo di legumi.

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