CENNI STORICI SULLA TRACCIA DEL GELATI 2°Parte

1902-1913 – CONO DI GELATO

Comunque sia andata, via Toscana o via Sicilia, i francesi finirono per innamorarsi del sorbetto e non soltanto loro. I gelatai veneti, anch’essi abili produttori di sorbetto, frequentavano per lavoro Svizzera, Germania e Austria, grazie a loro anche questi territori consumarono sempre più il sorbetto, sia durante i lunghi pranzi dei nobili, al fine di rinfrescare e preparare le papille gustative alle portate più impegnative, sia durante la canicola estiva per ricevere un po’ di ristoro.

Dalla fine dell’Ottocento in poi, la tecnica di preparazione del gelato è continuamente migliorata, grazie ai nuovi macchinari ed alla sempre maggiore perizia raggiunta dai gelatai.

È da questo momento, all’alba del XX Secolo che si può incominciare a parlare del gelato così come lo intendiamo oggi: morbido, cremoso, privo di ghiaccioli al suo interno. Ormai la fantasia creatrice dei gelatai poteva esprimersi inventando nuovi sapori, particolari abbinamenti, nuovi modi di servire il gelato, come anche il cono …

Anche l’invenzione del cono di gelato è italiana, come sancito dal relativo brevetto statunitense N. 746971 rilasciato il 13 dicembre 1903 a Italo Marchioni (1868-1954), un italiano residente a New York. Marchioni, nato in una frazione del comune di Vodo di Cadore, emigrò negli Stati Uniti durante gli anni novanta del XIX secolo, soggiornando prima a Filadelfia, poi a New York dove aprì alcuni ristoranti.

Marchioni inizialmente serviva il suo gelato in bicchieri di vetro. Capitava di frequente che questi bicchieri non venissero restituiti al gelataio, o che si rompessero accidentalmente scivolando dalle mani dei clienti, comportandogli dunque una piccola perdita di capitale. Per questo motivo Marchioni inventò il cono, iniziando così a vendere coni di gelato sin dal 1896, anche se diventarono famosi in seguito, nel 1904, durante la Fiera Mondiale di St Louis. In seguito Marchioni impiantò a Hoboken una fabbrica di coni e cialde, nel 1903 brevettò il macchinario per la loro produzione.

Nel 1913 la ditta di Marchioni fu accusata di violazione di brevetto da parte della Valvona-Marchioni Company, società presieduta da Frank Marchioni, un cugino di Italo, che possedeva un negozio di gelati a New York, e da Antonio Valvona. Valvona già nel 1902 aveva brevettato negli USA un forno per produrre “coppe di biscotto per gelati”. Durante il processo, una diatriba tutta italiana, Italo ammise di essere stato un ex socio del cugino Frank. Il giudice ritenne che il macchinario di Italo fosse sostanzialmente una copia di quello di Valvona, e diede quindi ragione a quest’ultimo.

Le cialde, invece, sono il risultato di un’arte antichissima, quella dei “cialdonari” che già nel 1400 confezionavano impasti leggeri a base di acqua, farina, zucchero e uova.

1927-1931 – GELATIERA CATTABRIGA

Per lungo tempo la figura dei gelatieri è stata relegata nelle latterie, dove il latte, che altrimenti sarebbe scaduto, veniva utilizzato per produrre gelato. Quando, però, nel 1927, Otello Cattabriga inventò la prima macchina del gelato la produzione artigianale crebbe enormemente.

Cattabriga, ideò un sistema meccanico per produrre il gelato artigianale che imitava automatizzandolo, il sistema tipico della lavorazione a mano. Applicò un motore alla spatola con la quale si mescolava il gelato, immersa in un contenitore cilindrico in rame con il fondo arrotondato, rivestito di stagno e immerso in salamoia (miscela di acqua e sale per abbassare la temperatura) contenuta in un recipiente più grande. La salamoia era raffreddata da una serpentina di rame all’interno della quale passava un liquido refrigerante (freon, quello dei primi frigoriferi) che correva su tutta la parete del contenitore della salamoia che ne veniva così raffreddata fino a gelare. Il gelato era poi estratto manualmente con una pala di legno. Il procedimento non solo alleggeriva il lavoro per l’uomo, ma consentiva anche di avere un gelato più morbido perché aveva incamerato più aria.

Il 3 febbraio 1931 Cattabriga ottenne il brevetto della sua invenzione che garantì un notevole salto di qualità al gelato italiano, facendone crescere la fama e il prestigio nel mondo. L’innovazione ebbe successo e Cattabriga che aveva bottega in via Mazzini a Bologna, si mise a produrre le sue “motogelatiere elettriche”; divenne subito famoso in tutto il mondo: da quel momento le macchine per gelato artigianale presero il nome dal loro inventore e vennero chiamate “CATTABRIGA“.

La storia della sua ditta continua ancora oggi: le macchine Cattabriga sono infatti ancora prodotte, vendute e utilizzate dai gelatai di tutto il mondo, anche se con alcuni ammodernamenti (per esempio il contenitore è in acciaio e non più in rame).

1948-1960 – DOVE C’È GELATO C’È FESTA

La macchina del gelato porta inevitabilmente ad affiancare al gelato artigianale (ora meccanizzato) anche quello industriale, per la storia di quest’ultimo mi limito all’Italia.

In Italia, per quanto riguarda il gelato industriale, tutto ha inizio nell’immediato dopoguerra, anche se la storia di chi per primo lo concepisce comincia all’inizio del secolo.

Nel 1919 Angelo Motta fonda a Milano una piccola bottega di pasticceria artigianale, puntando sul suo prodotto più apprezzato, il panettone che reinventa in ottica industriale. Riscuote molto successo, arrivando ad aprire numerosi negozi. In meno di 10 anni, con l’apertura di altri 7 laboratori, la piccola bottega diventa una fabbrica vera e propria d’interesse nazionale.

Nel 1948 Motta concepisce l’idea del primo gelato industriale su stecco, al gusto di fiordilatte che sarebbe stato lanciato sul mercato l’estate successiva col nome evocativo dell’inventore di  Mottarello. Un prodotto alla portata di tutte le tasche che portava con sé il sapore di uno stile di vita nuovo, evocato dall’ice-cream americano che all’epoca significava benessere e ricchezza economica. Dopo Motta che nel 1955 replica il successo del Mottarello con la Coppa del Nonno, un gelato unico al caffè, in una coppa di plastica marrone, è la volta dei vari Sammontana, Sanson, Tanara, Soave, Algida, Chiavacci, Eldorado, Alemagna e Tre Marie …

Complice l’ingresso del frigorifero nei bar e nei caffè, in molti intuiscono le potenzialità di questo nuovo mercato del gelato, industriale e artigianale, dando vita a storie esemplari nel panorama industriale italiano. Lentamente aumentano i redditi, con loro la domanda privata, ma non si può ancora parlare di fenomeno di massa. Il gelato è ancora percepito, al pari di molti dolci, come un extra, un premio per solennizzare una festa, o la passeggiata della domenica. A partire dal 1951 inizia una massiccia uscita pubblicitaria a favore del gelato, che segna la massificazione del prodotto. Il messaggio su cui punta fin dall’inizio la pubblicità televisiva del gelato è chiaro: dove c’è un gelato c’è simpatia, allegria, aria di festa. Non a caso, il dolce freddo coincide con l’estate, ovvero con la vacanza, la spensieratezza, la libertà.

Dopo i primi cartelloni pubblicitari a caratteri cubitali che rassicurano le mamme italiane sulla genuinità della fredda novità che invoglia e incuriosisce i loro figli, è ora la volta di memorabili Caroselli, come quelli firmati da Guareschi e Jacovitti. Il gelato confezionato è di moda, “fa” la moda. Prestano volto e voce al gelato testimonial d’eccezione come Giorgio Gaber, Rita Pavone, Patty Pravo Nada e i Matia Bazar.

Nel 1954 si producono 20.000 tonnellate di gelato industriale, corrispondenti ad un consumo pro capite annuo ancora basso, di circa 250 grammi. Si crea però una forte curiosità attorno a questo prodotto innovativo e fantasioso, in confezioni colorate e monoporzione pronte per l’uso.

Nel 1959 arriva il primo cono con cialda industriale il mitico Cornetto  Algida, un gelato alla crema di latte con variegatura e copertura al cacao magro e con granella di nocciole e meringhe su cialda wafer. Questo cono gelato congelato è brevettato nel 1959 da Spica, un gelataio di Napoli, le vendite sono scarse e la Unilever nel 1976 acquista il brevetto e inizia la commercializzazione del prodotto in tutto il mondo con il marchio Algida, non a caso il significato della parola “algida” in italiano è fredda – gelida. La diffusione, grazie ad una forte campagna pubblicitaria, fu enorme, tanto che esso è ancora prodotto in diverse varianti.

1960-1990 – ESPLOSIONE DI CONSUMO DI GELATO

Negli entusiasti anni Sessanta tutto ciò che è moderno e industriale automaticamente diventa simbolo di ricchezza e benessere, il gelato non fa eccezione. L’automobile, il frigorifero, la televisione, le vacanze estive … il gelato! Tutti simboli del miracolo economico italiano. In questo periodo si rafforza in modo netto il legame tra gelato e vacanze al mare, il “gelato da passeggio” diventa un simbolo della generazione del baby boom. L’industria propone il gelato confezionato in formati nuovi eppure rassicuranti, che attualizzano i formati classici della tradizione artigianale: coni con cialda, coppette, biscotto gelato, granite, cassate, ecc. . Per le occasioni speciali, comincia ad affermarsi la torta gelato, innovativo dessert e valida alternativa alla pasticceria per concludere i pranzi della domenica.

In meno di dieci anni i consumi di gelato industriale triplicano: circa 1,2 kg pro capite annui nel 1965, a fronte di una produzione di oltre 62.000 tonnellate.

Nei travagliati anni Settanta, il comparto del gelato rallenta ma non si ferma del tutto, segno che il mercato è ormai maturo, ma anche conseguenza della crisi e delle tensioni sociali dell’epoca.

Nel 1970 la Sammontana, società italiana fondata nel 1948 a Empoli, crea il Barattolino, il primo secchiello confezione famiglia di gelato sfuso, che supera la concezione del gelato industriale monoporzione. È il passaggio da una dimensione voluttuaria al consumo quotidiano, favorito dall’ingresso del frigorifero con il congelatore nelle case italiane.

Il gelato non è più esclusiva dei banchi frigoriferi di bar e caffè, può essere comprato al supermercato, trasportato a casa e conservato in frigo per essere mangiato come dessert, come merenda, o come sfizio. Numerose e fortunate le sponsorizzazioni sportive, baseball, ciclismo, calcio, pallavolo, che ne affermavano il potere nutriente e dissetante; in altre parole, anche il gelato industriale può essere un alimento buono e sicuro che nutre e rinfresca.

I frenetici anni Ottanta sanciscono il ritorno al consumismo e alle mode d’oltreoceano, prende piede un nuovo modo di consumare il gelato, in qualsiasi momento e in ogni luogo. Il gelato non è più gradito soltanto durante l’estate, che rimane comunque il periodo in cui se ne consuma di più ma anche nel corso di tutto l’anno, è diventato a tutti gli effetti un dessert che esula dalla stagionalità: il 50% del gelato si consuma nei 4 mesi più caldi, il restante 50% negli altri 8 mesi.

Nascono i piccoli bon-bon di panna ricoperti di cioccolato, la Bomboniera Algida, una delizia da consumare al cinema durante la visione di un film in compagnia degli amici o della persona amata. Nello stesso periodo si diffonde l’usanza di mangiare un cono con cialda anche allo stadio, come merenda golosa nell’intervallo della partita. Tiene il consumo in spiaggia, ma in questi anni il gelato da passeggio diventa la scusa per fare due passi, oppure un pasto veloce, nutriente e facilmente digeribile nel corso di una giornata di lavoro, al posto del solito e spesso indigesto panino.

Progressivamente, secondo una tendenza che si affermerà definitivamente nel corso degli anni Novanta, il gelato industriale trova un’ideale collocazione nei banchi frigo dei supermercati e ipermercati sempre più riforniti in quantità e varietà di formati e tipologie. Se prima il gelato veniva comprato nei bar e nei chioschetti o dal piccolo dettagliante sotto casa, da allora a farla da padrone, come del resto accade per molte altre tipologie di prodotti alimentari, è sempre di più la grande distribuzione.

E’ vero e proprio boom nel 1986, con un consumo pro capite di gelato industriale salito a 3,2 Kg, ben 1 kg in più rispetto al 1980.

Lo sviluppo del mercato italiano attira l’interesse delle grandi multinazionali, con acquisizioni che hanno riguardato diversi e prestigiosi marchi italiani.

L’ingresso di capitale straniero e la concentrazione d’impresa permettono investimenti che hanno contribuito alla crescita e allo sviluppo del settore e a un ulteriore razionalizzazione degli asset produttivi, assicurando però continuità alla storia di marchi antichi e prestigiosi e migliorando fortemente la produttività.

OGGI – MERCATO DEL GELATO

Oggi in ordine USA, Italia, Russia e Giappone sono i paesi a maggior valore di mercato per il gelato; USA, Russia e Cina sono i paesi in cui si prevede il maggior sviluppo di mercato. Tenendo conto della popolazione italiana, nettamente minore rispetto a quella di USA, Russia, Cina e Giappone, siamo quelli che ne consumiamo di più. All’Italia non spetta solo la paternità del gelato ma anche il primato mondiale di consumo pro capite, ripartito in 75% industriale e 25% artigianale. Dal dopoguerra ad oggi in Italia il consumo annuale pro capite:

Di gelato artigianale è passato da 1500 grammi l’anno a 12 chilogrammi, un incremento dell’800%.

Di gelato è passato da 250 grammi l’anno a 4 chilogrammi, un incremento dell’1.600%.

Negli ultimi 70 anni la crescita del consumo di gelato industriale è stata quindi doppia rispetto a quella di gelato artigianale.

A livello mondiale, considerando gelato artigianale e industriale, si è passati da 1.750 grammi l’anno dell’immediato dopoguerra ai 16 Kg annui pro capite attuali, facendo registrare quindi una crescita pari ad oltre il 900%.

Nessun altro prodotto alimentare già presente nella cultura e nella tradizione italiana da almeno un secolo ha avuto una simile crescita di consumo. Sicuramente lo sviluppo industriale e tecnologico, in particolare della catena del freddo, hanno contribuito a questa escalation vertiginosa, ne è prova la crescita doppia del consumo di gelato industriale rispetto a quello sfuso.

Il gelato è un fatto edonistico che considera come essenziale il conseguimento del piacere.

Contrariamente a quanto avviene in altri paesi, dove il Gelato viene consumato principalmente da persone che hanno molto tempo a disposizione, in Italia viene consumato in egual modo da tutte le categorie, prescindendo dal tempo che hanno a disposizione. Questo fa capire che il gelato è vissuto come un piacere cui nessuno è disposto a rinunciare.

In Italia la prima ragione d’acquisto del gelato, artigianale o industriale che sia, è il piacere per il 95% di chi lo compra. Piacere condiviso per il 70% dei casi quando ci si riferisce al gelato artigianale consumato al tavolino della gelateria, del bar, del ristorante, comunque in compagnia nel 75% dei casi. Il gelato industriale è assaporato invece nell’80% dei casi nelle situazioni più disparate ma comunque non seduti ad un tavolino: passeggiando, allo stadio, al cinema, in piedi al bancone del bar, lavorando.

La classifica dei packaging preferiti di gelato industriale vede nell’ordine: cialda, stecco, coppetta, cannibalizzare tutti gli altri formati.

Unicità, qualità, creatività, territorialità, sono i parametri vincenti del gelato artigianale:

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