IL COLORE E L’ODORE DEL TERRENO

il colore e l'odore del terreno

I colori dei terreni sono di diversi, dal nero al rosso, dal grigio al beige. Il colore che ciascuno di noi associa con maggiore spontaneità alla terra è certamente il marrone. La maggiore o minore scurezza del colore è spesso condizionata da due semplici fattori, spesso trascurati nonostante la loro grande importanza:

Le sostanze bagnate, o comunque umide, appaiono nei più dei casi più scure, ed il terreno non fa certo eccezione a questa regola empirica: la terra bagnata appare più scura, e se la facciamo asciugare per bene, ad esempio sotto il sole o sul termosifone, potrà diventare chiara a tal punto da sembrare completamente un’altra sostanza.

LA FINEZZA DELLE PARTICELLE

Per quanto riguarda la finezza delle particelle, più noi sminuzziamo un prodotto colorato, fino a macinarlo molto fine, più esso risulterà chiaro. La ragione di questo fenomeno è legata alla riflessione della luce in ogni direzione da parte delle particelle.  Le quali, in gran numero di prodotti molto fini, tendono ad essere direzionate rispetto ai nostri occhi in tutte le direzioni spaziali possibili.

La determinazione del colore del terreno, specie nella sua componente argillosa, è da ricercarsi nel suo stato di ossidazione: in primo luogo il ferro, secondariamente altri metalli quali il manganese.  Lo stesso terreno in condizioni di piena aerazione, purché ricco in ferro, con il passare del tempo tenderà al rossiccio tipico del ferro trivalente, mentre in condizioni riducenti e in presenza di sostanza organica tenderà al colore grigio-nero del ferro bivalente.  Si tratta in fondo dello stesso effetto sfruttato nelle antiche fornaci greco-romane per la decorazione dei vasi in argilla dei medesimi colori.

L’ODORE DEL TERRENO

L’odore del terreno è dovuto a diverse specie molecolari. La minima concentrazione della sostanza che riusciamo a percepire con l’olfatto, per via della sua odorosità è la geosmina.

La geosmina è una sostanza organica, prodotta da una grande varietà di microrganismi che vivono nel terreno.

L’odore della geosmina, opportunamente dispersa in quantità minime nell’aria, o anche nell’acqua, è un odore di terreno. In particolare di quel terreno umido di sottobosco, fertile e ricco di sostanza organica in decomposizione, come in un bosco dopo la pioggia. La molecola è prodotta dal metabolismo di batteri decompositori d’eccellenza quali gli attino batteri, specialmente quelli del genere Streptomyces, e da quello delle cosiddette alghe blu-verdi, meglio note come cianobatteri.

Sono tutti microrganismi che richiedono per il loro sviluppo ottimale la disponibilità di acqua in quantità e che liberano i loro metaboliti secondari più odorosi, quali appunto la geosmina, in seguito alla loro morte cellulare.

La geosmina si accumula anche in piante ed animali che vivono a stretto contatto con fonti della stessa molecola: essa contribuisce infatti al gusto terroso caratteristico della barbabietola, così come al sapore di fango dei pesci che vivono nei fondali melmosi d’acqua dolce.

LA GEOSMINA NELL’ACQUA POTABILE

Quando l’acqua potabile evidenzia un forte odore di terra o di muffa, la responsabilità è da ricercare nella presenza della geosmina, eventualmente in presenza di un’altra molecola analoga a questa per origine e per intensità odorosa: il 2-metilisoborneolo.

La soglia di percezione olfattiva della geosmina da parte dell’uomo è tra le più basse fra le sostanze conosciute. Un valore questo talmente minimale che fino a pochi anni fa non si riusciva a trovare giustificazione (almeno in termini chimici) dell’odore di terra e di muffa riportato da molti consumatori sull’acqua di taluni acquedotti.

Fortunatamente si ricorda che la geosmina non può essere considerata “pericolosa” nelle concentrazioni minime che riescono ad essere percepite dall’olfatto. La geosmina infatti si decompone facilmente a valori bassi di pH, formando prodotti di reazione pressoché inodori.

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