LA DEFINIZIONE DI AGROBIODIVERSITÀ

L’agrobiodiversità è l’insieme di tutte le componenti della diversità biologica rilevanti per l’agricoltura e l’agroecosistema, tra le quali le varietà delle specie vegetali coltivate, le razze delle specie animali di interesse zootecnico, le specie di insetti (per es., api, baco da seta) e microrganismi (per es., lieviti, batteri, micorrize) utili. 

LE VARIETÀ DELLE SPECIE VEGETALI

Si stima che delle 270.000 specie vegetali conosciute più di 30.000 siano eduli, ma ne vengano coltivate circa 120; 9 di queste forniscono il 75% dei prodotti di base per l’alimentazione umana, e in particolare tre specie (frumento, riso e mais) forniscono la metà delle calorie utilizzate dalla popolazione umana mondiale.

Altre specie vegetali da foraggio e da pascolo sono importanti poiché da esse dipendono le produzioni zootecniche (carne, latte).

Il genere umano utilizza poi migliaia di altre piante, fra le quali quelle per fibre tessili, come cotone, lino, e canapa, piante semidomesticate o selvatiche dalle quali traggono sostanze medicinali (per es., Vinca), sostanze coloranti, legna per costruzioni e da ardere ecc..

LE VARIETÀ DELLE SPECIE ANIMALI

Delle 50.000 specie di Mammiferi e Uccelli conosciute circa 40 sono state domesticate; in esse sono state selezionate oltre 5000 diverse razze dalle quali si ricavano carni, latte, pelli, fertilizzanti ed energia meccanica di trazione.

I pesci e altre specie acquatiche fanno parte integrante di alcuni agroecosistemi come le risaie tropicali asiatiche e forniscono il 70% delle proteine alimentari.

La diversità microbica del terreno aiuta le piante nell’utilizzazione degli elementi nutritivi; l’interazione tra microrganismi patogeni e specie vegetali ha consentito l’evoluzione di piante resistenti che hanno poi dato origine, mediante miglioramento genetico, a molte delle varietà delle specie vegetali coltivate.

L’AGROECOSISTEMA DELL’AGRICOLTURA

Nell’agroecosistema dall’agricoltura dipendono: 

L’aumento di produzione e di produttività dell’agricoltura negli ultimi 35 anni del 20° sec. (la ‘rivoluzione verde’) è stato realizzato soprattutto mediante l’uso di nuove varietà geneticamente migliorate, il cui impiego tuttavia ha comportato la perdita di un gran numero di varietà genetiche locali.

 Lo stesso è avvenuto per le specie di animali domestici: si calcola infatti che il 10% delle razze animali sia già scomparso e un ulteriore 15% è considerato a rischio. 

LA SALVAGUARDIA DELLA DIVERSITÀ BIOLOGICA

L’espansione delle terre coltivate, inoltre, avviene spesso tramite la deforestazione, in seguito alla quale vengono perduti i sistemi biologici più ricchi del pianeta.

Per salvaguardare la diversità biologica sono stati stipulati diversi accordi internazionali. Il più importante è il Trattato internazionale sulle risorse genetiche per l’alimentazione e l’agricoltura, negoziato sotto l’auspicio della FAO.

Esso punta a garantire la sicurezza alimentare attraverso la conservazione, lo scambio e la condivisione dei benefici derivanti dall’uso sostenibile delle risorse genetiche vegetali mondiali; riconosce inoltre i diritti dell’agricoltore, cioè l’accesso libero alle risorse genetiche e l’uso, la vendita e lo scambio dei semi secondo le leggi nazionali.

LA BIODIVERSITÀ AD OPERA DELL’UOMO

L’agrobiodiversità è la biodiversità coltivata, dunque la biodiversità ad opera dell’uomo, composta attraverso una paziente selezione millenaria. Oggi l’agrobiodiversità è in pericolo e con essa il patrimonio materiale e immateriale di tante popolazioni.

L’agrobiodiversità è la biodiversità esistente nei nostri orti, frutteti, vigneti e campi coltivati. Riguarda perciò le specie di grano, le cultivar di frutta e verdura, le tipologie di vitigni e via discorrendo.
L’uomo a partire dall’addomesticamento delle piante, nel Neolitico ha selezionato con perizia e pazienza i semi e le piante più produttive, resistenti alle malattie, dai frutti più grandi, gustosi, belli a vedersi. Il risultato dell’ingegno umano è sotto ai nostri occhi: centinaia di migliaia di varietà di frutta, verdura, cereali, legumi dai mille colori, forme e sapori diversi.

LA PERDITA DELL’AGROBIODIVERSITÀ

Non tutti sanno che il primo cereale ad essere addomesticato fu il farro, e non il grano. Ai primi del Novecento, in Italia, esistevano diverse decine di frumento, oggi invece se ne coltivano meno di dieci. Tale fenomeno si chiama erosione genetica, che consiste nella perdita di agrobiodiversità in un dato territorio.

Gli esempi potrebbero continuare, ad esempio: le pannocchie di mais americano selvatiche erano considerevolmente più piccole di quelle del mais selezionato dagli Indios nel corso dei millenni.

 In Italia, a titolo esemplificativo, in poco più di un secolo sono scomparse dalla tavola tre varietà di frutta su quattro: cent’anni fa si contavano 8.000 varietà, mentre oggi si arriva a poco meno di 2.000 e di queste ben 1.500 sono considerate a rischio di scomparsa anche per effetto dei moderni sistemi della distribuzione commerciale che privilegiano le grandi quantità e la standardizzazione dell’offerta. Ovviamente la perdita di biodiversità riguarda l’intero sistema agricolo e di allevamento, con il rischio di estinzione che si estende dalle piante coltivate agli animali.

La diversità delle piante che coltiviamo e degli animali che alleviamo rischia di sparire per sempre se non si farà uno sforzo di conservazione di varietà antiche e spontanee, proteggendo le diversità genetiche delle colture alimentari

L’AGROBIODIVERSITÀ OGGI È IN PERICOLO

Al giorno d’oggi l’agrobiodiversità, o biodiversità coltivata, è in grande pericolo: le monocolture industriali, l’agroindustria e le multinazionali sementiere spesso hanno eroso le agrobiodiversità locali privilegiando semi ibridi e industriali, che sono stati piantati in tutte le piantagioni, campi e orti industriali del mondo senza tenere conto delle condizioni pedo-climatiche e delle culture locali di riferimento.
L’agrobiodiversità è infatti importante in tutto il mondo perché fa riferimento ad un patrimonio di sapere e pratiche colturali, etniche, alimentari, di credenze e tradizioni che vengono tramandati localmente dalle popolazioni: eliminando l’agrobiodiversità si elimina una parte considerevole del patrimonio materiale e immateriale di un popolo.
Mangiare prodotti locali e tradizionali, inoltre, ha chiaramente anche a che fare con la sovranità alimentare, ossia con la capacità  di essere autosufficienti e autoprodurre le derrate alimentari, senza dipendere dall’agroindustria mondiale.
E’ una questione non solo meramente materiale, legata alle pratiche agronomiche, d’allevamento e alle materie prime, ma soprattutto una questione culturale: ciò che mangiamo influenza il nostro modo di vedere e vivere il mondo che ci circonda, e ancora di più il nostro futuro.

LE CAUSE DELLA PERDITA DI AGRO-BIODIVERSITÀ

La riduzione della “agrobiodiversità” ha cause ben note:

Durante gli ultimi 100 anni, si è verificata un’enorme perdita della diversità genetica nell’ambito delle “specie alimentari principali. Centinaia di migliaia di varietà tradizionali eterogenee di piante, coltivate e sviluppate dai contadini attraverso tante generazioni, sono state sostituite con un numero ridotto di varietà commerciali moderne ed estremamente uniformi.

Le cause della perdita di agro-biodiversità vanno ricercate nelle scelte di agricoltori e allevatori tese a prediligere le monocolture e l’allevamento di poche specie con il fine ultimo di favorire le grandi produzioni, e nello scarso interesse del mercato verso i prodotti di varietà o razze ‘antiche’.

Secondo gli studi condotti dalla FAO, la maggior parte dei Paesi dipendono dai raccolti che provengono dall’estero per più del 90% del proprio fabbisogno alimentare. Nel caso specifico dell’Italia, la dipendenza dalla diversità genetica che proviene dall’estero per le colture più importanti,è tra il 71 e l’81%.

La tua donazione significa molto per continuare. Dona/rinnova il tuo sostegno ora. PAYPAL

Vuoi abilitare le notifiche?
Attiva