LA PREPARAZIONE DEL TERRENO PER L’IMPIANTO DELL’ULIVO

la preparazione del terreno per l'impianto dell'ulivo

Con il termine di tecniche di preparazione del terreno si fa riferimento a tutta una serie di operazioni che precedono la messa a dimora delle piante di ulivo e sono finalizzate alla preparazione di una idonea base agronomica sulla quale insediare la coltura.

Con la preparazione del terreno si deve avere come obiettivo il ripristino della fertilità del suolo al fine di assicurare un regolare accrescimento alla coltura che ha durata pluriennale.

LE OPERAZIONI DI PREPARAZIONE DEL TERRENO

Le operazioni di preparazione del terreno vanno eseguite quando le condizioni di clima e di umidità del suolo sono più favorevoli e quindi normalmente durante l’estate precedente l’impianto e devono interessare l’intera superficie.

 Esse di norma comprendono:

A) IL DECESPUGLIAMENTO E LO SPIETRAMENTO

Il decespugliamento e lo spietramento sono necessari nel momento in cui si tratti di messa a coltura di terreni abbandonati; il lavoro viene svolto con macchine di grossa potenza munite di lama per allontanare la vegetazione spontanea, a questa pratica si accompagna anche lo spietramento.

B) IL DICIOCCAMENTO

Il dicioccamento è l’operazione necessaria per eliminare le ceppaie in caso di reimpianto di oliveto; a tal proposito si rende noto che l’olivo non soffrendo il fenomeno della stanchezza può essere reimpiantato subito dopo l’estirpazione.

C) IL LIVELLAMENTO

In presenza di terreni con superficie eccessivamente irregolare per eliminare dossi, ciglioni ed avvallamenti è opportuno effettuare, in corso di preparazione del terreno, il livellamento, sia per regimare il flusso delle acque superficiali che per permettere un agevole movimento delle macchine operatrici quando l’oliveto sarà realizzato; nel momento in cui lo strato fertile dovesse risultare troppo sottile, si consiglia di asportarlo e di ridistribuirlo in superficie una volta completate le lavorazioni di livellamento.

D) IL DRENAGGIO

Il drenaggio risulta necessario solo nei terreni che presentano scarsa pendenza, soprattutto se tendenzialmente argillosi e quindi poco permeabili. Nei casi più frequenti, di olivicoltura di collina con terreni di medio impasto, sufficientemente ricchi di scheletro, nel lavoro di bonifica del terreno, il drenaggio sull’intera superficie può essere evitato. Dove è necessario vengono scavate delle trincee, che vengono riempite di pietrame e materiale legnoso (in molti casi viene usato quello proveniente dello spietramento e dal dicioccamento) e poi il tutto viene ricoperto con della terra.

Tecniche più avanzate di drenaggio prevedono l’impiego di dreni di plastica da interrare a profondità non inferiore a 40-50 cm, posti su solchi appositamente predisposti. I tubi di drenaggio prevedono una uscita a valle per il deflusso dell’acqua in eccesso che viene scaricata su fosse di scolo. Poiché si tratta di operazione complessa il drenaggio, tranne casi di soluzione semplice (drenaggi localizzati) è opportuno che venga affidata a tecnici specializzati, cosi come normalmente si fa per gli impianti di irrigazione localizzati.

E) LA CONCIMAZIONE DI FONDO

La concimazione di fondo va eseguita prima dello scasso se effettuata con aratro, o dopo la rippatura nel caso di doppia lavorazione (rippatura ed aratura); essa deve consentire di incorporare, su tutto lo strato di terreno interessato dall’esplorazione dell’apparato radicale, elementi nutritivi dotati di scarsa mobilità di cui l’olivo, ha bisogno.

Nel momento in cui viene distribuito letame se ne suggerisce la somministrazione sull’intera superficie di una quantità ottimale, da 25 a 30 tonnellate ad ettaro, in relazione al contenuto di sostanza organica del suolo. Se non c’è disponibilità di letame la concimazione minerale di fondo diventa indispensabile, nelle condizioni normali viene effettuata con fertilizzanti a base di fosforo e potassio.

È difficile fornire formule generalizzabili per le diverse situazioni pedologiche, anche se i terreni italiani collinari, destinati alla coltivazione dell’olivo sono frequentemente poveri di fosforo assimilabile, ma con una buona dotazione di potassio e calcio scambiabile. A titolo puramente indicativo, in terreni di medio impasto e con una buona dotazione di elementi minerali fondamentali, come quantitativi di concimi da somministrare ad ettaro, 400-500 Kg di perfosfato (titolo 18-20) e 200-300 Kg di solfato potassico (titolo 50).

F) LO SCASSO

La pratica dello scasso, come la precedente, va considerata fondamentale ai fini della corretta preparazione del terreno. È opportuno che venga eseguita durante l’estate precedente l’impianto, per facilitare lo sgretolamento delle zolle ad opera degli agenti atmosferici.

La funzione dello scasso si esplica anche sul miglioramento dell’areazione del terreno e serve a facilitare la penetrazione dell’acqua negli strati più profondi. Il lavoro si può eseguire con aratri monovomeri da scasso trainati da trattrici di elevata potenza in grado di rimuovere il terreno per almeno 60-80 cm di profondità in funzione delle caratteristiche fisiche e del profilo del suolo.

Tuttavia, sia nei casi in cui si è di fronte a suoli il cui strato fertile è sottile oppure si possono verificare fenomeni di erosione successivi allo scasso, è preferibile fare ricorso alla doppia lavorazione:

Nel caso di suoli pianeggianti caratterizzati da contenuti in argilla e limo piuttosto elevato, con il drenaggio si può correre il rischio di avere ristagni idrici anche temporanei, tali comunque da arrecare danno per asfissia all’apparato radicale; in questo caso si suggerisce di procedere dopo lo scasso alla baulatura (sistemazione a cavalletto) in corrispondenza dei filari, di altezza al culmo non superiore a 30-40 cm; in tal modo l’apparato radicale anche in casi di ristagno idrico è posto in condizione di respirare.

A sinistra, lavorazione di fondo con aratro da scasso; a destra, lavorazione di fondo con ripper.

G) L’AFFINAMENTO DEL TERRENO

L’affinamento del terreno risulta conclusivo ai fini della preparazione del terreno e viene effettuato poco prima dell’impianto, quando le condizioni fisiche lo consentono. consta di una o più lavorazioni superficiali, con erpici, estirpatori o frangizolle allo scopo di affinare lo strato superficiale del terreno e facilitare le operazioni di messa a dimora delle piante.

H) LO SQUADRO DEL CAMPO E COLLOCAZIONE DEI TUTORI

Lo squadro precede ovviamente l’operazione di impianto e segue il sesto stabilito. L’orientamento, onde assicurare la massima insolazione nel caso del sesto rettangolare, è quello nord-sud; tuttavia, in terreni collinari, va tenuto presente che sull’orientamento ottimale prevale la necessità di seguire la linea di massima pendenza se non supera l’8-10%, secondo la quale vanno orientati i filari. In caso di pendenza superiore, anziché disporre i filari a rittochino, per non incorrere in fenomeni di erosione superficiali favoriti dalle necessarie lavorazioni del terreno, impostare i filari a spina per attenuare la pendenza.

Seguire, invece, le curve di livello in presenza di terreno con forte pendenza, significa favorire, nel tempo, la formazione di gradoni lungo i filari.

Per quanto riguarda il tutore, se si usano delle canne per la esecuzione dello squadro, per il primo anno possono servire da tutore purchè siano di altezza di circa 2 metri e sufficiente robustezza; tenendo conto comunque che esse dovranno essere sostituite alla fine della prima stagione vegetativa con pali di sostegno di legno o di plastica. Volendo, si possono invece utilizzare direttamente per lo squadro pali di sostegno di plastica, di metallo, di legno o di bambù piuttosto robusti.

Quando si precede alla istallazione di impianto di irrigazione localizzata su ala sospesa sono da preferire tutori definitivi, collegati tra di loro in testata da un filo di ferro, ancorato alla estremità del filare a tiranti di cemento o di legno robusti, e di pali rompitratta nel caso di filari di lunghezza superiore a 50 metri soprattutto in zone ventose. A vantaggio infine dei paletti di plastica o di metallo si rileva una maggiore facilità nel loro trasporto e collocazione a dimora rispetto ai pali di legno, i quali ovviamente per poter durare almeno 5 anni devono avere un diametro alla base non inferiore a 7-8 cm; inoltre, i paletti di plastica o di metallo non si deformano ed hanno una durata di gran lunga superiore alla necessità dell’oliveto, tanto da poter essere riutilizzati ad asse centrale con tutori di ferro collegati in cima con fil di ferro ancorato a robusti pali posti in testata.

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