LA STORIA DELLA PESCA

la storia della pesca

La pesca uno dei primissimi mezzi per il procacciamento del cibo ha origini antichissime: è nata con l’uomo, con il suo stesso istinto di sopravvivenza. Altrettanto vale per la caccia, azione umana dettata dall’esempio della natura. Resterebbe da stabilire quale delle due avrebbe preceduto l’altra.

È lecito pensare che la pesca sia anteriore. Il primo lavoro dell’uomo è stata la ricerca e la raccolta dei commestibili.

Fra questi gli animali acquatici, facilmente afferrabili dal primo strumento: la mano. Conchiglie, pesci rimasti a secco, crostacei, hanno verosimilmente fatto parte dell’alimentazione umana prima della selvaggina, che va perseguita e uccisa con strumenti.

La paleontologia ci dice che nel Paleolitico superiore troviamo tra gli oggetti lavorati di osso e di corno, arpioni con uncini da un lato o da ambedue le parti.

Non vi sono traccia di ami, seppur rudimentali, che ci fa pensare che i pescatori preistorici abbiano appreso l’arte del nuoto e quella di catturare il pesce con le mani o con l’arpione.

La pesca con l’amo e con le reti è risultato di uno stadio successivo dell’evoluzione umana.

LA PESCA DURANTE IL PALEOLITICO

La pesca fu praticata durante il Paleolitico superiore, com’è documentato da ritrovamenti di ami diritti. Di alta antichità e di vasta diffusione fu la pesca-raccolta (generalmente opera delle donne) di molluschi, crostacei e alghe, come appare dai cumuli di conchiglie, rifiuti o resti di pasti collettivi sparsi lungo le coste dell’Europa settentrionale (Protoneolitico), dell’Australia e dell’America.

Già nel paleolitico gli uomini catturavano e mangiavano pesci, come dimostrato dai ritrovamenti di resti di pasti a base di pesce. Una prova irrefutabile in tal senso è considerata una scultura su osso, proveniente dalla famosa caverna de la Madelaine (Dordogna, Francia), che rappresenta un uomo con un arpione sulla schiena.

In quasi tutte le località dove sorgevano villaggi su palafitte sono stati trovati reperti che provano come già allora, circa 3000 – 6000 anni fa, anche in Svizzera la pesca fosse molto sviluppata. Grazie al terreno melmoso, i reperti hanno un ottimo stato di conservazione. E cosi stato possibile ritrovare non solo ami di corno di cervo, zanna di cinghiale o di bronzo, ma anche arpioni di osso, frecce e lance. Il terreno ha persino permesso la conservazione di resti di reti da pesca: è curioso notare come i nodi usati allora fossero uguali a quelli d’oggi. Per sostenere le reti in acqua si usavano galleggianti fatti di corteccia d’albero e per tenderla dei pesi di terracotta. In confronto a quelli odierni gli utensili di cattura di allora risultano più grandi.

LA PESCA DEGLI ANTICHI ROMANI

Anche gli antichi Romani apprezzavano il pesce. Sui mosaici che decorano le pareti e i pavimenti i motivi ittiologici ritornano abbastanza spesso. Dalla Sacra Scrittura sappiamo inoltre che in Palestina c’erano già dei pescatori di professione (luca 5, 1-11).

I Romani sono stati tra i primi a promulgare leggi sulla pesca. Uno dei principi fondamentali affermava che il pesce è un bene senza proprietari e di conseguenza appartiene a chi lo cattura. Ciò non voleva però dire che si potesse pescare quanto si voleva. La pesca era libera solo sul territorio dello Stato e come tale erano considerate quelle parti dei laghi e dei fiumi che restavano di norma sommerse anche con l’acqua bassa. Le rive e le spiagge erano però di proprietà privata e la pesca era pertanto permessa soltanto al proprietario del suolo.

Anche diversi scrittori romani come Plinio, Eliano, Oppiano, Decimo o Ausonio Magno testimoniano della grande importanza della pesca. Nei loro testi si descrivono varie specie di pesci, la tecnica della pesca con lo “sparviero” e altri metodi di cattura, le abitudini di vita, le localizzazioni predilette e perfino gli organi di senso di diverse specie ittiche.

LA PESCA NEL CANTON TICINO

La storia della pesca nel Cantone Ticino è antica come quella della presenza umana in queste terre poste ai margini meridionali delle Alpi. Le popolazioni neolitiche traevano beneficio dall’abbondanza di pesci offerta da fiumi e laghi; e questo sfruttamento dovette accentuarsi – tra il 700 e il 500 a.C. – con l’affermazione della civiltà del ferro, che lasciò testimonianze particolarmente significative a Golasecca, all’estremità meridionale del Verbano.

La pesca si sviluppò ulteriormente all’inizio dell’era cristiana quando sotto Augusto il Verbano ed il suo bacino imbrifero entrarono a far parte dell’Impero Romano.

LA PESCA DOPO IL CROLLO DELLA CIVILTA’ ROMANA

Nei secoli duri e convulsi che seguirono al crollo della civiltà di Roma la pesca dovette svolgere un ruolo alimentare vitale per le popolazioni insidiate in prossimità dei laghi. In epoca più prossima ritroviamo documenti che parlano specificatamente di pesca. Il più antico sembra essere uno scritto del 1391 – sotto la signoria del milanese Galeazzo Visconti – che regolamentava un diritto esclusivo di pesca in favore della Corporazione dei Nobili di Locarno.

Dopo il Trattato della Pace Perpetua di Francesco I, agli inizi del XVI secolo, la documentazione di questo tipo si fa sempre più ricca. Così gli Statuti della Comunità di Locarno e delle sue pertinenze si occupano a più riprese (dal 1539 al 1610) della vendita del pesce e della sua esportazione; mentre quelli della Comunità e Contado di Bellinzona (1692, 1694) e della Leventina (1755) stabiliscono anche i tempi e i modi con cui possono essere effettuate le attività di pesca. Questo aspetto viene sviluppato ulteriormente negli Statuti della Magnifica Comunità di Lugano, contenenti disposizioni che risalgono fino al 1555.

LA DIFFUSIONE DELLA PESCA CON L’AMO E CON LE RETI

Presso i popoli non europei, la pesca con l’amo e la pesca con reti e nasse sembrano essere le più diffuse; varie le forme di pesca locali (con arco e frecce, con il laccio a nodo scorsoio, con il cormorano, con la remora ecc..). Presso alcune popolazioni è ancora largamente praticata, e con ottimi risultati, la pesca a mano (che fu l’unico sistema usato nel Paleolitico inferiore e medio). A seconda del tipo, la pesca presso le diverse popolazioni può essere individuale, familiare o collettiva.

Con il progredire dell’organizzazione economica e tecnologica vanno anche perfezionandosi vari sistemi di pesca, alcuni dei quali, con minime modifiche, sono tuttora in uso. Più che gli attrezzi, le cui forme nella maggior parte dei casi sono ormai consacrate dall’uso e dall’esperienza spesso di secoli, l’evoluzione dei sistemi di pesca interessa il naviglio, che con l’invenzione dei motori ha subito profonde trasformazioni sia nella costruzione, sia nei modi e nelle possibilità d’impiego e nella sfera di azione, che si è andata facendo sempre più estesa.

LA PESCA NEL XXVIII SECOLO

 Alla fine del XVIII secolo le norme di pesca vigenti apparivano inadeguate o ampiamente disattese. Ciò indusse il Piccolo Consiglio del Cantone ad emettere, in data 8 agosto 1812, un primo sintetico “Regolamento della Pesca” che doveva successivamente portare, attraverso varie vicende, ad una “Legge sulla Pesca” recante la data del 13 giugno 1845. A partire da questa data, attraverso un incessante processo di perfezionamento ispirato dal mutare delle situazioni e dal progredire delle conoscenze, si è giunti sino alla attuale normativa cantonale in materia di pesca, a sua volta armonicamente inserita nel più ampio quadro della nuova legge federale sulla pesca, entrata in vigore il 1 gennaio 1976.

LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE CON L’ITALIA

Un elemento particolarmente importante e caratteristico della pesca ticinese è dato dalla Convenzione internazionale che il Consiglio federale – in base alle competenze attribuitegli dall’articolo 8 della Costituzione federale – ha stipulato nel 1906 con il confinante Stato Italiano per regolamentare in modo omogeneo la pesca sulle acque comuni. La necessità di mantenere al passo con i tempi questo fondamentale strumento normativo ha portato ad una sua accurata revisione, dalla quale è uscito il testo della nuova “Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana per la pesca nelle acque italo-svizzere” stipulata in data 19 marzo 1986.

Reti a forma di cassone o di cilindro, per la pesca da posta, munite di una o più aperture coniche incentrate le une sulle altre in modo da permettere al pesce l’entrata, bloccandone l’uscita. Spesso il bertovello è completato da reti direttrici o reti d’ala che servono ad indirizzare il pesce verso l’entrata del gabbione. Questo tipo di rete viene impiegata in acque poco profonde per la cattura del pesce bianco, del luccio e del pesce persico.

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