LE CURE COLTURALI DELL’ARBORETO

le cure colturali dell'arboreto

L’arboreto richiede, durante il suo sviluppo, una costante attenzione nei riguardi dello stato di salute delle piante e del loro corretto accrescimento.

Con il passare del tempo interverrete anche con un’azione di diradamento selettivo.

Tutto è indispensabile per giungere con il massimo dei risultati al traguardo finale, cioè alla produzione di legno di qualità.

LA DIFESA ANTIPARASSITARIA

Ogni specie vegetale è contornata da organismi ad essa legati. In determinate circostanze, spesso di squilibrio ecologico, tali organismi (batteri, funghi, insetti, ecc.) possono causare danni o addirittura la morte della pianta.

Le piantagioni miste favoriscono la biodiversità e con essa il mantenimento degli equilibri ecologici, ma un impianto da legno è pur sempre una coltivazione, voluta e guidata dall’uomo: tenete sotto controllo l’impianto, ma intervenite con eventuali prodotti antiparassitari solamente dopo una diagnosi sicura di un esperto forestale. Ricorrete agli antiparassitari solo se strettamente necessario.

Nel caso della pioppicoltura il problema è diverso: portare a produzione un lotto senza trattamenti antiparassitari è piuttosto improbabile.

LE CONCIMAZIONI

In qualche caso possono risultare utili anche le concimazioni.

Dopo la concimazione di fondo pre-impianto, può talvolta rivelarsi utile concimare la piantagione durante lo sviluppo, con cadenza e quantità da definirsi caso per caso: piante nitrofile (amanti dei composti azotati) a rapido accrescimento possono trarre forte giovamento da concimazioni azotate organiche o di sintesi, com’è il caso della paulownia e del pioppo.

Attenzione e prudenza vanno invece riservate a piante più tipicamente forestali in impianti a ciclo lungo, dove le esigenze in nutrienti in genere sono soddisfatte dal terreno.

LE POTATURE

Sono necessari interventi di potatura: di formazione per dare la giusta forma alla pianta, e di produzione per ottenere tronchi puliti e privi di nodi.

I fusti legnosi di qualità devono essere rettilinei, privi di nodi, con accrescimenti regolari. Questo risultato si ottiene allevando gli alberi con opportuni interventi di potatura che accompagnano la crescita, concentrati nei primi anni (e quindi solamente nella parte più interna del fusto). Questi devono essere:

A seconda dello scopo e del momento d’intervento, si distinguono due categorie di potature, che in arboricoltura da legno assumono significati diversi rispetto alla ben più nota arboricoltura da frutto.

I TAGLI DI FORMAZIONE

I tagli di formazione servono a dare la giusta forma alla giovane pianta per ottenere fusti diritti. In genere si protraggono sino ad ottenere fusti di 6-8 metri; oltre quest’altezza la potatura diventa difficile e antieconomica.

I tagli vengono effettuati sulle piante candidate a produrre legno di qualità. Tendono alla correzione delle doppie punte e alla eliminazione dei rami in concorrenza con la cima (vedi riquadro qui sotto).

Talvolta rami eccessivamente vigorosi si possono eliminare in due tornate per non squilibrare la pianta: nella prima si cimano, bloccandone lo sviluppo; nella seconda si taglia il rimanente. Questa tecnica dà risultati con molte latifoglie, ma non con i noci, per i quali conviene ridurre la vitalità del ramo piegandolo verso il basso.

LA TECNICA DELLA RIPRESA DI CIMA

Non di rado accade di dover recuperare una cima persa per danni meccanici, parassiti, gelo, ecc. In tal caso si opera con la tecnica della «ripresa di cima», che consiste nel raddrizzare verso l’alto un ramo vigoroso ma non ancora lignificato, legandolo ad un ramo opposto o ad un tutore, al fine di indurlo a trasformarsi in nuova cima. Se l’operazione è ben effettuata, dopo qualche anno è difficile riconoscere il punto di ripresa.

Tale tecnica si adotta anche per allungare il fusto in piante a scarsa dominanza apicale (con accrescimento terminale ridotto) o con pseudo-dicotomia (con due gemme terminali), come la paulownia.

I TAGLI DI PRODUZIONE

I tagli di produzione hanno lo scopo di ottenere tronchi puliti e privi di nodi.

Quando si inizia ad effettuarli? Lo dice l’altezza della pianta: nel caso del noce intorno ai 3 metri, per altre latifoglie nobili (ciliegio, frassino, noci, ecc.) intorno ai 4 metri, che diventano 5-6 nel caso siano accompagnate da altre specie.

Alberi isolati richiedono interventi più precoci (maggiore ramosità).

Un albero maturo dovrebbe avere un fusto pulito di 4-5 metri se si tratta di un noce, di 5-6 se si tratta di altre latifoglie. Una regola fondamentale («regola del terzo») definisce quanto tagliare: non bisogna eliminare rami per più di un terzo dell’altezza totale dell’albero. Fanno eccezione la paulownia, con la quale ci si può spingere fino a metà, e le conifere per le quali ci si deve limitare a due quinti.

I DIRADAMENTI

I diradamenti servono a ridurre la densità delle piante e a concentrare su pochi individui l’intera produzione di legno per ottenere fusti di qualità in minor tempo.

Quando si pianta a sesto fitto o quando si pianta con accompagnamento si deve prima o poi intervenire per eliminare gli alberi soprannumerari. Questa operazione prende il nome di diradamento.

All’interno di una data superficie di arboreto, quando la copertura è colma, la produzione totale di legno (metri cubi di legname prodotti annualmente) dipende dalla fertilità del suolo, dalle specie presenti e dall’età media degli alberi, ma è indipendente dal loro numero.

Con i diradamenti si riduce progressivamente il numero degli alberi in modo da concentrare su pochi individui l’intera produzione di legno ed ottenere in minor tempo fusti grossi.

Per essere efficaci i diradamenti devono essere sempre tempestivi, in modo da evitare che gli individui della stessa specie entrino in concorrenza tra loro o che gli alberi principali siano danneggiati dalla eccessiva concorrenza delle specie di accompagnamento.

Per capire quando è giunto il momento di effettuare un diradamento si possono usare due sistemi.

IL MONITORAGGIO DELL’INCREMENTO

 Si scelgono all’interno dell’impianto alcuni individui (circa 10 per ettaro) ed antaglio comincia a «filare» e che le va data luce.

I diradamenti possono essere regolari (geometrici) o irregolari (a scelta).

Nel primo caso si tagliano in modo regolare gli individui soprannumerari, seguendo uno schema rigido. Ciò è applicabile quando lo sviluppo medio dei diversi individui è omogeneo e non è quindi molto rilevante qual è l’individuo da lasciare in piedi.

Quando invece la qualità degli individui è disomogenea, è meglio effettuare una selezione individuale, cercando di garantire comunque una buona copertura della superficie ed una sufficiente spaziatura tra i diversi individui.

Tra gli alberi che competono lateralmente con l’albero candidato che si è deciso di mantenere, si agisce su quelli codominanti (alberi le cui chiome occupano lo stesso livello nel piano dominante), eliminando quelli che comprimono maggiormente la chioma dell’albero candidato.

Per gran parte degli alberi a legname pregiato, coltivati a grande spaziatura (ad esempio i noci), non fa una grande differenza se la concorrenza con gli individui vicini non è perfettamente omogenea in tutte le direzioni.

Per seguire in modo attivo lo sviluppo di un arboreto conviene eseguire un leggero diradamento ogni 4-8 anni, agendo soprattutto sul piano dominante (diradamento dall’alto) e lasciando invece un buon numero di individui dominati ad accompagnare quelli dominanti.

LA CORRETTA ESECUZIONE DEI TAGLI DI POTATURA

Il taglio deve rispettare l’ingrossamento alla base del ramo (collare) in cui la pianta concentra i sistemi di difesa e di rimarginazione. D’altro canto non si devono lasciare monconi che alla lunga daranno luogo alla formazione di nodi.

Allo stesso tempo non si deve tagliare troppo in prossimità del fusto per evitare di danneggiarlo.

La superficie interessata dal taglio deve essere il più possibile ridotta: in tal modo i tempi di cicatrizzazione risulteranno accelerati. Risulta inutile o dannoso l’utilizzo di paste cicatrizzanti

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