LE TIPOLOGIE DI PESCA

le tipologie di pesca

Oltre all’inquinamento e all’innalzamento della temperatura degli Oceani, un’altra serie minaccia all’ecosistema marino è rappresentata dalla pesca industriale, che può avvenire in modo più o meno sostenibile. Le variabili da tenere in considerazione sono sostanzialmente tre: l’impatto sull’ecosistema (fondali e vegetazione), la scelta della zona di approvvigionamento e la tecnica di pesca utilizzata. 

Le tipologie di pesca sono diverse, alcune più invasive e altre più sostenibili e rispettose della biodiversità dei mari.

Vediamo le differenze tra le principali tipologie di pesca: pesca a canna, pesca a strascico, pesca a circuizione e piccola pesca.

A) LA PESCA A CANNA

La pesca a canna è il metodo di gran lunga più sostenibile perché non è una pesca alla cieca e evita del tutto il problema dei rigetti, e cioè del pescato non conforme a quanto richiesto dal mercato (per specie o anche per dimensioni e sviluppo) che causa la morte o il ferimento ingiustificato di molti esemplari. Pescando a canna quel che non serve viene immediatamente rilasciato in mare, conservando esclusivamente il pesce da commercializzare. Purtroppo la tecnica non è molto diffusa nell’industria ittica, anche a causa degli altri costi rispetto a tecniche meno selettive.

B) LA PESCA A STRASCICO

La pesca a strascico è una pratica utilizzata nella pesca commerciale in tutto il mondo e consiste nel trascinare una grande e pesante rete sul fondo dell’oceano, per poi tirare su tutto ciò che incontra lungo il percorso.

Precedenti studi hanno attribuito a questo tipo di pesca un significante impatto sull’ambiente, come la raccolta di un vasto numero di specie non bersaglio, collettivamente chiamate “catture accessorie”, o la distruzione dei bassi fondali. Tale metodo a lungo termine porterà a drammatiche conseguenze anche nelle zone più profonde dell’oceano e non solo.

La pesca a strascico risale al Trecento, e si è diffusa nelle zone costiere in tutto il mondo dopo l’industrializzazione della pesca commerciale, verso la fine dell’Ottocento.

Il suo bersaglio sono specie di valore commerciale che vivono vicino ai fondali, come il merluzzo, lo scorfano e vari tipi di calamari e gamberi. Il meccanismo varia a seconda dell’attrezzatura da pesca, ma le reti possono essere larghe quanto un isolato e raccogliere migliaia di pesci e altri animali marini in un’unica passata.

La pesca a strascico è la meno selettiva in assoluto. Può essere fatta a una distanza minima di 3 miglia dalla costa e a una profondità superiore ai 50 metri. Pensata per la pesca dei pesci demersali, cioè quelli che vivono a contatto con i fondali come crostacei,polpi, calamari, ma anche saraghi, triglie, merluzzi e sogliole, viene effettuata attraverso un’enorme rete trainata da una barca che viene calata fino ai pressi del fondale, raccogliendo tutto ciò che incontra.

Quindi pesce commerciabile, ma anche rifiuti e, ancor peggio, pesci sottotaglia, anche neonati all’inizio del proprio ciclo di vita. Si calcola che solo il 20% del bottino di una battuta di pesca fatta con questa tecnica venga poi messo in commercio: ecco perché la pesca a strascico può creare molti danni alla biodiversità dell’ecosistema marino, e anche ai suoi fondali.

Oltre a uccidere direttamente molti pesci e altre specie marine, alcuni studi hanno dimostrato che la pesca a strascico è davvero devastante per i fondali. Rimuove i sedimenti, distruggendo così l’habitat degli organismi che ci vivono, intorbidisce l’acqua rendendola inadatta per molte specie, inoltre rilascia agenti inquinanti e carbonio rimasti intrappolati sotto il fondo marino.

C) LA PESCA A CIRCUIZIONE

La pesca a circuizione interessa invece per lo più i pesci pelagici, cioè quelli che vivono nelle zone superficiali del mare e che tipicamente si muovono in banchi: pesci grandi (ad esempio i tonni), medi (ricciola, capone) o piccoli (acciughe e sarde).

Rispetto alla pesca a strascico, quella a circuizione (o a ciancolo) è sicuramente più selettiva, perché le reti vengono calate in una determinata zona in base alla varietà che si desidera pescare: le reti circolari circondano il banco di pesci e i pescatori, tirando una cima sul fondo della rete, li chiudono al suo interno.

La pesca a circuizione si avvale di unʼampia parete di rete disposta in modo da circondare il banco di pesci. Quando il pesce è circondato, i pescatori tirano una cima posta sul fondo della rete e ne chiudono allʼinterno gli animali. Questo metodo viene utilizzato per catturare pesci che vivono in banchi in mare aperto, come le sardine, o specie che si riuniscono per deporre le uova, come i calamari o le orate. La tradizionale rete a circuizione è un attrezzo sostenibile perché non danneggia i fondali e solitamente si cala sui banchi di pesce che costituiscono bersaglio di pesca. Le catture accidentali sono minime e i fondali non vengono nemmeno toccati.

D) LA PICCOLA PESCA

Secondo uno studio promosso dal Parlamento Europeo oltre l’80 per cento dei pescherecci della flotta europea (poco più di 70.000) esercita la “piccola pesca costiera”, spesso ritenuta sovrapponibile alla “pesca artigianale”. Questa tipologia di pesca si contraddistingue per la bassa media in termini di stazza lorda, lunghezza e potenza motore.

Gli attrezzi tipici della “piccola pesca” sono le “reti da posta”, i “palangari”, le “nasse.

Il Regolamento (CE) n° 1198/2006 del Consiglio dell’Unione Europea fa esplicito riferimento alla “piccola pesca costiera” all’articolo 26 descrivendola come “la pesca praticata da navi di lunghezza fuori tutto inferiore a 12 metri che non utilizzano gli attrezzi trainati”.

Il Decreto Ministeriale 14 settembre 1999 (GU n° 31 del 08/02/2000) all’Art. 1, comma 2 recita: “La piccola pesca artigianale, come sopra definita, può essere esercitata con attrezzi da posta, ferrettara, palangari, lenze e arpioni all’interno delle 12 miglia dalla costa, nonché con gli altri sistemi che vengono utilizzati localmente nella fascia costiera e che saranno individuati, a livello locale, dagli enti successivamente definiti”.

Sostenere la “piccola pesca”, significa sostenere quei pescatori europei che “pescano in modo sostenibile” e hanno tre principali caratteristiche in comune:

Generalmente, questa tipologia di pesca rispetta i limiti naturali del mare, seguendo criteri di gestione sostenibile, vuoi per la normativa cui è assoggettata, vuoi per le tradizioni e consuetudini del mestiere e regole che loro stessi hanno stabilito, nonché per le relative limitazioni dei mezzi. Le dimensioni delle imbarcazioni infatti limitano questa pesca ad una distanza modesta dal porto di residenza (normalmente si esce a pescare e si torna in giornata) rendendo l’adozione di comportamenti e misure per proteggere le risorse ittiche una necessità.

La piccola pesca, ovvero la pesca artigianale, è per definizione quella effettuata, come previsto dalla normativa italiana, da dalle imbarcazioni non superiori alle 10 tonnellate di stazza lorda. Le dimensioni del natante permettono di essere operativi con costi di investimento e di esercizio contenuti. L’impossibilita di spingersi oltre le 20 miglia dalla costa, inoltre, fa sì che le capacita di pesca, lavorazione, conservazione e stivaggio del prodotto non siano neanche lontanamente paragonabili e a quelle delle grandi barche.

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