QUALI SONO I GRASSI DA CONDIMENTO

quali sono i grassi da condimento

Al IV gruppo degli alimenti della piramide alimentare appartengono i grassi da condimento.

A questo gruppo appartengono i grassi propriamente detti, solidi a temperatura ambiente, prevalentemente di origine animale (burro, panna, lardo, strutto), e gli oli (di oliva e di semi), liquidi a temperatura ambiente, di origine vegetale.

Sono alimenti che apportano molta energia perché costituiti in gran parte da lipidi: trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo (quest’ultimo si trova solo nei grassi animali). Costituiscono una fonte insostituibile di acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili, per cui non vanno eliminati dalla dieta ma utilizzati in modeste quantità.

IL RUOLO DEI GRASSI DA CONDIMENTO

I grassi da condimento hanno il ruolo di:

I grassi da condimento possono essere di origine:

I GRASSI VEGETALI

I grassi vegetali sono diversi tra loro. Si ottengono da semi o frutti oleaginosi per spremitura o per estrazione con solvente. Gli oli che si ottengono avranno caratteristiche anche molto diverse fra loro, in funzione del tipo di acidi grassi che contengono (saturi, mono- e poli-insaturi) e dalla presenza di molecole antiossidanti che ne migliorano le proprietà nutrizionali e ne esaltano le caratteristiche organolettiche.

L’olio di oliva, che si ottiene per spremitura dai frutti della pianta dell’olivo, è costituito per il 98–99% da trigliceridi, i cui acidi grassi sono rappresentati in gran parte da acido oleico, monoinsaturo. Gli oli si classificano in base all’acidità (percentuale di acidi grassi liberi). Il più pregiato è senza dubbio l’olio extravergine di oliva (ottenuto dalle olive con soli mezzi meccanici), con un grado di acidità che non supera l’0,8%. L’olio di oliva è un alimento altamente energetico, ricco di vitamine liposolubili ad azione antiossidante e preventiva contro le malattie cardiovascolari.

Tra i fattori positivi da associare alla dieta mediterranea è il limitato uso di grassi di origine animale cui si contrappone un adeguato consumo di olio vergine di oliva.

L’olio extravergine di oliva assolve alle normali funzioni dei grassi per soddisfare il fabbisogno energetico giornaliero, fonte di acidi grassi essenziali, vettore di vitamine liposolubili. Rappresenta un fondamentale contributo soprattutto per la presenza di alcune molecole, definite minori, tra le quali troviamo vitamine (alfa e gamma tocoferoli e beta carotene), fitosteroli, idrocarburi (squalene e paraffine) e composti fenolici (flavonoidi, alcoli e acidi fenolici).

L’olio di oliva è particolarmente pregiato anche per quanto riguarda la composizione in acidi grassi, tra i quali predomina l’acido oleico (65-80%), acido grasso monoinsaturo che conferisce alle nostre lipoproteine ematiche e membrane cellulari fluidità e funzionalità, e che lo rende particolarmente stabile all’ossidazione.

Oltre l’aspetto salutistico e nutrizionale anche le caratteristiche organolettiche dell’olio lo rendono unico tra i condimenti grassi. Gli oli extra-vergini di oliva possono essere incredibilmente diversi tra loro, in funzione del grado di maturazione delle olive, della cultivar, della zona di produzione, delle metodologie di estrazione. Una scelta accurata del giusto olio da utilizzare nelle nostre tavole, ben accoppiato nelle cotture o con alimenti da consumarsi crudi, così come si usa fare da sempre con il vino, rappresenta sicuramente il futuro dell’olio, in una tavola più attenta ai sapori ed agli odori tanto più se questi associati ad aspetti nutrizionali e salutistici corretti.

Un olio, per essere definito “vergine”, deve essere estratto esclusivamente mediante processi meccanici a una temperatura tale da non provocare alterazioni negative al prodotto finale. Le olive non subiscono nessun altro trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione. Una volta “vergine” un olio può essere denominato “extra-vergine” quando determinati parametri di qualità (acidità, indicatori di perossidazione, caratteristiche organolettiche) raggiungono livelli particolarmente “restrittivi”. È da notare che l’olio di oliva è l’unico alimento per il quale la normativa vigente prevede l’analisi organolettica.

Gli oli di semi, che si estraggono dai semi di varie piante oleaginose come l’arachide, il girasole, il mais, la soia, con mezzi meccanici e/o chimici (solventi), sono caratterizzati da un elevato contenuto di acidi grassi polinsaturi e da qualità organolettiche poco marcate rispetto all’olio di oliva, in seguito ai processi di rettifica, senza i quali gli oli non sarebbero commestibili.

È assolutamente infondata la paura che l’estrazione con solventi possa essere dannosa per la salute. Le moderne tecnologie di estrazione garantiscono infatti la totale salubrità del prodotto. Sono oli eccellenti per quanto riguarda la composizione in acidi grassi (molto ricchi in acidi mono e poli-insaturi) ma, rispetto agli oli vergini di oliva, mancano quasi totalmente di quei favorevoli composti minori menzionati precedentemente. Per questo motivo, oltre ad avere una valore nutrizionale nettamente inferiore, gli oli di semi hanno sempre un sapore estremamente “piatto”, e mancano totalmente di aromi caratteristici.

Gli oli di semi non sono comunque tutti uguali. Una caratteristica importante (specie per la scelta degli oli da usare per la cottura e per la frittura) è il punto di fumo (la temperatura a cui un grasso comincia a decomporsi alterando la propria struttura molecolare e formando sostanze “indesiderate”). Specie per le fritture è infatti importante scegliere oli con punto di fumo elevato: oltre a quello di oliva (il migliore anche in questo caso) possiamo menzionare arachide, e solo a seguire girasole, mais, riso, vinaccioli.

LA MARGARINA

Tra i grassi da condimento vanno incluse anche le margarine, di aspetto simile al burro (emulsione di acqua in una miscela di grassi), che si ottengono per indurimento dagli oli, principalmente di origine vegetale, tramite il processo dell’idrogenazione (addizione di idrogeno ai doppi legami degli acidi grassi insaturi, processo che però porta alla formazione di “acidi grassi trans”, particolari acidi grassi che oltre a contribuire come i saturi all’aumento del “colesterolo cattivo” (LDL) tendono altresì a far diminuire quello “buono” (HDL). Senza quindi voler demonizzare in senso assoluto le margarine, si ricorda che sarebbe auspicabile limitare la quota di questi acidi grassi trans, preferendo grassi da condimento che ne contengano quantità trascurabili

I GRASSI ANIMALI: BUONI MA NON TROPPO

Sono prodotti a partire da una matrice animale: burro e panna dal latte, lardo e strutto (o sugna) dai grassi del maiale. Dal punto di vista nutrizionale non sono particolarmente apprezzati per via del loro spesso elevato contenuto in acidi grassi saturi e di colesterolo. Non devono però essere eliminati dalla nostra alimentazione in senso assoluto, ma è senz’altro bene non eccedere nel loro consumo, tendendo a preferire, quando possibile, l’uso di grassi di origine vegetale e in particolare di olio extravergine di oliva. Non saranno i saturi e il colesterolo contenuto in un paio di biscotti della colazione o nella fetta di torta di particolari occasioni a mettere in pericolo il nostro carico complessivo giornaliero di grassi saturi, ma quelli provenienti da tutti gli altri prodotti animali della nostra alimentazione.

Il burro è un concentrato del grasso di latte e si fabbrica dalla crema o panna, estratta dal latte tramite affioramento o centrifugazione. La crema viene pastorizzata e fatta maturare con fermenti lattici che sviluppano l’aroma tipico del burro, viene poi agitata per facilitare la rottura dei globuli di grasso, la successiva aggregazione dei lipidi in essi contenuti e la separazione dalla gran parte dell’acqua.

Il burro viene prodotto dal latte vaccino e contiene l’85% circa di grassi, poco meno dell’1% di proteine e poco più dell’1% di zuccheri solubili; il rimanente è acqua. Abbastanza ricco in colesterolo (approx. 250 mg/100 g), è composto per il 60% della parte grassa da acidi grassi saturi. E’ fonte di vitamina A, la cui quantità varia in funzione del tipo di alimentazione delle mucche e, conseguentemente, anche della stagione.

Dal maiale si ricavano il lardo e la pancetta utilizzati anch’essi come grassi da condimento, e lo strutto impiegato nei prodotti da forno e nelle fritture.

Il lardo è il prodotto della stagionatura del grasso sottocutaneo del maiale. Composto per il 99% da grasso, non apporta vitamina A, ma, rispetto al burro, è composto da una minore frazione di acidi grassi saturi (poco oltre il 30%) e contiene meno colesterolo (approx. 95 mg/100 g).

Lo strutto si ricava dal grasso del maiale, per fusione. E’ ancora molto utilizzato in una serie di ricette tradizionali italiane, soprattutto a base di farina, perché rende più friabile la massa del glutine presente nel prodotto e aumenta il volume dell’impasto. Come il lardo è composto per il 99% da grasso, per più del 40% composto da acidi grassi saturi. L’elevato punto di fumo (circa 250 °C) lo rende idoneo per la frittura dei cibi, come da ricette tradizionali.

La panna costituisce anch’essa un grasso da condimento, oppure un prodotto di partenza per la fabbricazione del mascarpone.

FALSI MITI

Non è vero che l’olio di oliva abbia un contenuto calorico superiore a quello degli oli di semi. 10 grammi di olio (1 cucchiaio) apportano al nostro organismo 90 kcal, qualunque sia l’origine dell’olio. E’ invece vero che il contenuto energetico di 100 g di burro (non del lardo e dello strutto) è inferiore, rispetto a 100 g di olio, del 15% (765 kcal/100 g) proprio perché il burro contiene il 15% di acqua mentre l’olio è composto dal 99% di grasso.

Non è vero che l’olio di semi sia più digeribile di quello di oliva. Nè la diversa composizione di acidi grassi, nè la presenza di sostanze antiossidanti influenzano la capacità di digerire i diversi oli.

È assolutamente vero che dobbiamo limitare sia le fritture, sia l’eccesso di condimento. Quando, comunque, decidiamo di mangiarle, usiamo oli con un elevato punto di fusione e, soprattutto, non riutilizziamo l’olio di una frittura precedente.

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