COME DEFINIRE LA LAVORAZIONE DEL TERRENO
La lavorazione del terreno, in agronomia è l’intervento praticato dall’uomo con l’ausilio di utensili o macchine allo scopo di creare un ambiente fisico ospitale per le piante agrarie.
QUAL’È LO SCOPO DELLA LAVORAZIONE
In generale la lavorazione del terreno migliora le condizioni fisico-meccaniche del terreno e indirettamente influiscono in modo più o meno marcato sulle proprietà chimiche e su quelle biologiche.
Gli scopi principali della lavorazione del terreno, i principali sono i seguenti:
- Aumento della sofficità: Una maggiore sofficità riduce la tenacità e la compattezza del terreno, creando le condizioni ideali per favorire l’espansione delle radici e l’esecuzione di altre operazioni colturali.
- Aumento della permeabilità: Una maggiore permeabilità del terreno favorisce l’infiltrazione dell’acqua, evitando che ristagni o defluisca in superficie. Favorisce altresì un facile sgrondo dell’acqua in eccesso, migliorando il rapporto fra acqua e aria nel terreno. L’aumento della permeabilità permette inoltre la costituzione di riserve idriche di maggiore entità.
- Preparazione del letto di semina: Lo sminuzzamento delle zolle crea un ambiente adatto ad ospitare il seme in modo che le particelle terrose vi aderiscano meglio favorendone l’imbibizione e la conseguente germinazione.
Gli scopi secondari o specifici che possono avere alcune lavorazioni sono molteplici. A titolo d’esempio si segnalano i seguenti:
- Contenimento della vegetazione infestante.
- Contenimento delle perdite d’acqua per evaporazione.
- Livellamento della superficie del terreno.
- Interramento di fertilizzanti o altre sostanze.
COME LAVORARE I DIVERI TIPI DI TERRENO
I terreni sabbiosi si possono lavorare sia quando sono umidi sia quando sono asciutti perché le proprietà fisiche sono determinate esclusivamente dalla tessitura; hanno una struttura incoerente che non subisce conseguenze negative a seguito delle lavorazioni.
Per tutti gli altri terreni (terreni di medio impasto, tendenti al limoso o all’argilloso) le proprietà fisiche sono determinate sia dalla tessitura sia dalla struttura. Dal momento che la struttura del terreno è una proprietà dinamica che può subire alterazioni marcate anche con un solo intervento è importante considerare gli aspetti, relativi alle lavorazioni, che possono avere riflessi negativi su questa proprietà.
Nei terreni dotati di un certo tenore in particelle fini, in particolare l’argilla, il risultato di una lavorazione cambia in funzione della coesione e dell’adesione. I valori di queste proprietà variano in funzione dell’umidità.
QUAL’È IL MOMENTO OTTIMALE PER LAVORARE IL TERRENO
La scelta del momento ottimale in cui eseguire una lavorazione è subordinata all’umidità del terreno. In relazione all’umidità, il terreno può trovarsi in tre stati fisici: coesivo, plastico e fluido. Lo stato coesivo si ha a umidità relativamente basse, quello fluido a umidità elevate.
- Con terreno allo stato coesivo, l’adesione ha valori molto bassi. La coesione dipende dal tenore in colloidi minerali: ha valori molto alti nei terreni argillosi, piuttosto bassi nei terreni poveri di colloidi. Una lavorazione, ad esempio l’aratura, eseguita su un terreno allo stato coesivo richiede un notevole dispendio di energia, nei terreni argillosi, in quanto gli organi lavoranti devono vincere le forze di coesione, con formazione di una elevata macro zollosità. Nei terreni limosi si ottiene invece un certo grado di zollosità accompagnato da una notevole polverizzazione del terreno.
In generale si dovrebbe evitare la lavorazione dei terreni limosi in quanto l’eccessiva polverizzazione avrà riflessi negativi sulla struttura quando il terreno riacquista umidità. I terreni polverizzati tendono infatti a diventare asfittici e mal strutturati, con formazione di crosta superficiale quando asciugano e difficoltà di sgrondo delle acque in eccesso.
Nei terreni argillosi gli inconvenienti sono per lo più legati ai maggiori costi delle lavorazioni (aumenta il numero di interventi, il consumo di carburante, il costo di manutenzione per la maggiore usura degli organi lavoranti). Non ci sono invece vincoli tecnici. Prudenzialmente si eseguono le lavorazioni con terreno allo stato coesivo quando si teme che l’umidità elevata ne impedisca la lavorazione.
I DIVERSI STADI DI COESIONE
- Con terreno allo stato plastico la coesione ha valori relativamente bassi mentre l’adesione ha i valori più alti in assoluto. Con le lavorazioni il terreno aderisce agli organi lavoranti e subisce un modellamento con la distruzione della struttura. Questo avviene a causa dagli organi di movimento delle macchine (ruote e cingoli) sia dagli organi lavoranti. La lavorazione allo stato plastico va pertanto evitata in tutti i terreni perché ha effetti deleteri.
- Con terreno allo stato fluido sia la coesione sia l’adesione hanno valori molto bassi. In condizioni di umidità elevata, infatti, le particelle terrose tendono a circondarsi di un velo liquido smorzando sia le forze di adesione sia le forze di coesione. Anche in questo caso ogni sollecitazione meccanica ha effetti distruttivi sulla struttura. Peraltro il terreno perde del tutto la sua capacità di opporsi alla compressione, perciò le lavorazioni sono impedite dall’impossibilità d’ingresso in campo con i mezzi agricoli.
- Esiste un campo di umidità, compreso fra lo stato coesivo e lo stato plastico in cui adesione e coesione hanno valori abbastanza vicini. In queste condizioni si dice che il terreno è in tempera. Con terreno in tempera gli organi lavoranti vincono facilmente le forze di coesione e il terreno aderisce poco. Le zolle si sgretolano con relativa facilità e la lavorazione lascia il terreno in condizioni di sofficità ideali. Con valori di umidità leggermente superiori a quelli ottimali (terreno tendente al plastico) si ottiene un principio di modellamento. Ad esempio, dopo un’aratura le zolle mostrano superfici lisce per effetto della compressione esercitata con il versoio. Con valori di umidità leggermente inferiori a quelli ottimali (terreno tendente al coesivo) allo sgretolamento delle zolle si accompagna un certo grado di polverizzazione. Questo è più accentuato nei terreni limosi e di medio impasto rispetto a quelli argillosi.
QUAL’È IL TERRENO PIU’ LAVORABILE
Da quanto detto in precedenza, si evince che i terreni più facilmente lavorabili sono quelli sabbiosi, non essendoci vincoli legati all’umidità. Un minor margine di scelta è offerto dai terreni argillosi, i quali andrebbero lavorati in tempera, ma prudenzialmente si può optare per la lavorazione allo stato coesivo. I terreni più difficili da gestire sono quelli limosi, i quali vanno lavorati sempre in stato di tempera.
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