IL SESTO D’IMPIANTO DELL’ULIVETO
La procedura per l’impianto dell’oliveto, dopo aver scelto la localizzazione, segue gli schemi classici previsti per le colture arboree:
- Eliminazione di vegetazione arbustiva o arborea, livellamento, spietramento, scasso a circa 80 cm. Nei terreni eccessivamente grossolani è consigliabile limitare lo spietramento ai sassi di grandi dimensioni per evitare un abbassamento del piano di campagna. Per lo scasso è preferibile la lavorazione andante con ripuntatore o con aratro rispetto allo scasso a buche.
- Approntamento della rete scolante. È necessario nelle zone a clima piovoso. In generale l’investimento del drenaggio tubolare è poco remunerativo in olivicoltura perciò è più conveniente predisporre una realizzando un’adeguata baulatura e una rete di scoline.
- Concimazione di fondo. Si esegue dopo lo scasso e prima della lavorazione complementare sulla base dei risultati dell’analisi chimica. La concimazione minerale deve limitarsi al solo apporto dei concimi fosfatici e potassici in quanto l’azoto si perderebbe per dilavamento. È consigliato integrare la concimazione minerale con l’apporto di un concime organico (es. 50–100 t di letame ad ettaro) per il suo effetto ammendante, qualora ci sia disponibilità di ammendanti organici a costi accessibili.
- Lavori di raffinamento. Si esegue un’aratura a 40 cm per interrare e distribuire i concimi lungo il profilo e una erpicatura per ridurre la zollosità superficiale.
IL SESTO D’IMPIANTO
Ai lavori di preparazione seguono quelli d’impianto con il tracciamento dei sesti e il picchettamento, la messa a dimora (manuale o con trapiantatrici semiautomatiche), l’impianto dei tutori.
Con il termine sesto d’impianto si indica la disposizione geometrica ed ordinata delle piante nel terreno che garantisce la collocazione a distanza regolare nel campo e l’allineamento in tutte le direzioni.
Il sesto può risultare quadrato (piante disposte ai vertici di un quadrato) rettangolare (piante disposte ai vertici di un rettangolo) a quinconce (piante disposte ai vertici di un triangolo equilatero). I sesti più comunemente usati sono i primi due.
La forma di allevamento a monocono o monocaule libero, consente una riduzione del sesto d’impianto sul filare da 3 a 4 m. rispetto a 5-7 m. del vaso e forme espanse.
Schema di impianto con le due forme di allevamento: a sinistra il vaso che evidenzia l’impossibilità di ridurre oltre certi limiti la distanza tra le piante sul filare; a destra il monocono che per la forma della chioma permette l’avvicinamento delle piante sul filare a vantaggio dell’incremento della densità d’impianto.
Il sesto quadrato viene normalmente utilizzato con forme di allevamento a chioma ampia come il vaso o il globo, mentre nel sesto rettangolare è usato con forme di allevamento a vaso stretto, a monocono e a monocaule libero, caratterizzate dal diametro della chioma ridotto.
LA SCELTA DEL SESTO D’IMPIANTO
La scelta del sesto d’impianto oltre ad essere condizionata dalla forma di allevamento è determinata dalla vigoria delle varietà ed è scelta in relazione anche a fattori ambientali e al tipo di raccolta.
Per una migliore interpretazione nella scelta del sesto di impianto è opportuno tenere presente che:
- La produzione dell’olivo si ha nella zona esterna della chioma colpita dalla luce; pertanto maggiore è la superficie della chioma sia come albero individuale che come sviluppo complessivo ad ettaro, maggiore sarà la produzione.
- Finché l’oliveto è giovane la chioma di ciascuna pianta presenta una superficie naturalmente limitata; l’incremento della superficie fruttificante in un impianto giovane, è possibile soltanto attraverso un incremento del numero di piante ad ettaro (intensità di impianto).
- All’incremento del numero di piante ad ettaro, negli impianti giovani, corrisponde un aumento reale di produzione a condizione però che le piante siano in grado di entrare precocemente e contemporaneamente in fruttificazione senza che ciò contrasti con il regolare sviluppo della chioma.
- La luce e l’acqua sono fattori condizionanti lo sviluppo e la produzione dell’olivo, pertanto una alta intensità di piantagione (numero di piante ad ettaro) può essere causa di competizione tra le piante e conseguentemente di riduzione del potenziale produttivo; è noto infatti come la deficienza idrica e/o la scarsa illuminazione siano causa di un minore accrescimento dei rami fertili, della formazione dei fiori da cui l’incidenza negativa sulla produttività, sulla qualità dei frutti e sulla resa in olio.
- Nell’ambiente dell’Italia centrale, caratterizzata da minore luminosità rispetto a quanto si osserva nelle aree calde dell’olivo, ai fini di una corretta densità d’impianto è opportuno che almeno il 50% della superficie del suolo rimanga scoperta dalla proiezione delle chiome al fine di consentire adeguata penetrazione della luce nell’oliveto e buona circolazione di aria.
- La distanza tra le piante sia in fase di accrescimento e successivamente a sviluppo ultimato, deve poter permettere l’utilizzazione delle macchine operatrici per lo svolgimento delle ordinarie pratiche colturali dirette al terreno e alla pianta con particolare riferimento alle macchine utilizzate per la raccolta.
I VARI TIPI DEL SESTO D’IMPIANTO
Nel determinare il sesto d’impianto vanno considerate alcune variabili fondamentali, quali la fertilità del suolo, la forma di allevamento, le cultivar prescelte e la necessità di meccanizzazione.
Avendo presente l’obiettivo di ottenere produzione elevata in tempi brevi, l’orientamento è quello di aumentare la densità d’impianto, adottando sesti più ridotti rispetto a quelli tradizionali.
Il sesto d’impianto dipende dalle condizioni pedoclimatiche, dalla disponibilità irrigua, dalle caratteristiche della cultivar, dalla forma d’allevamento e dalla tecnica colturale.
Per quanto riguarda gli ambienti meridionali in generale si considerano idonei i sesti di 6×7, 7×7 o 6×8 (intorno a 200 piante/ha), mentre per gli ambienti dell’Italia centrale, dove normalmente lo sviluppo della pianta è più contenuto, i sesti si riducono a 5×6 o 6×6 (intorno a 270-300 piante/ettaro).
I sesti indicati assicurano una buona densità, tuttavia, durante i primi 10/11 anni, la superficie complessiva della chioma degli alberi rimane limitata e di conseguenza la produzione ad ettaro si mantiene entro limiti relativamente modesti.
In condizioni ordinarie nei nuovi impianti si adottano sesti compresi fra 5×5 m e 7×7 m in coltura irrigua e tra 8×8 m e 10×10 m in asciutto.
Sesti molto stretti sono sconsigliabili per l’eccessivo ombreggiamento lungo la fila e per la difficoltà di meccanizzazione. Con olivi allevati a vaso policonico o a monocono sono consigliabili sesti di 5×7 m o 6×7 m secondo la vigoria della cultivar.
Qualora si preveda la raccolta meccanica integrale con scuotiraccoglitrice è opportuno adottare sesti in quadrato di 7×7 m o 8×8 m per consentire una facile manovra della macchina.
IL SESTO DINAMICO
È nata da questa considerazione la proposta di utilizzare il “sesto dinamico” che consiste nel dimezzare all’impianto la distanza sulla fila, raddoppiando di conseguenza il numero di piante ad ettaro; cosi ad es. 6×8 diventa 6×4 e il 6×6 diventa 6×3.
Tuttavia la distanza delle piante sulla fila, tenendo conto della dimensione che la chioma verrà ad assumere dopo un certo numero di anni (10 – 11), appare insufficiente per assicurare una buona illuminazione all’intera superficie esterna della chioma, con conseguente riduzione della produzione ad albero.
Per ovviare a questo inconveniente, tra il 10° e l’11° anno d’impianto si dovrebbe procedere alla eliminazione delle piante in soprannumero sulla fila; è possibile tuttavia mantenerle facendo ricorso a tecniche di potatura di turnazione che prevedono tagli più o meno accentuati, con sequenza ciclica, su piante alterne sulla fila.
In tale modo si riesce a contenere lo sviluppo della chioma delle singole piante a vantaggio di un rinnovamento continuo delle branche secondarie e quindi dei rametti a frutto.
I PRESUPPOSTI PER IL SESTO DINAMICO
Il sesto dinamico comunque non sempre può essere utilizzato; vi sono infatti per il suo impiego dei presupposti fondamentali che possiamo riassumere in quattro punti:
- Precocità di entrata in produzione delle piante (3°-4° anno).
- Necessità di disporre di terreni di buona fertilità con adeguate risorse idriche, meglio con irrigazione.
- Forme di allevamento con sviluppo della chioma in senso verticale e poco espanse lateralmente.
- Prezzo contenuto delle piantine.
In mancanza di una solo di questi presupposti, può vanificarsi il vantaggio del sesto dinamico.
Nell’oliveto adulto allevato a vaso l’espansione della chioma crea competizione tra le piante contigue nel momento in cui si riduce la distanza sulla fila.
La forma di allevamento a monocono permette la riduzione della distanza tra le piante sulla fila favorendo incrementi produttivi attraverso l’aumento di densità di piantagione.
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