LA PROPAGAZIONE E IL MIGLIORAMENTO GENETICO DELLA VITE
Nel periodo compreso tra il 1858 e il 1862 comparve in Europa la Fillossera della vite (Viteus vitifolii (Fitch) (Rincoti, Fillosseridi), afide proveniente dal Nord America, che si diffuse rapidamente in tutte le zone viticole dimostrandosi esiziale per i pregiati vitigni europei. In Italia arrivò nel 1879 (in provincia di Como e di Milano, e nell’anno successivo in provincia di Caltanissetta e Messina). Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana distrusse due milioni di ettari di vigneti.
Le radici della vite europea, a differenza di quella americana, sono sensibili alle punture della Fillossera. I tessuti radicali subiscono una grave disorganizzazione, spesso aggravata da successivi insediamenti di microrganismi patogeni. La pianta deperisce notevolmente e quindi muore.
Il problema della Fillossera, gravissimo per la viticoltura europea, diede luogo sul finire dell’800 alla promulgazione di tutta una serie di misure contenitive e di lotta, dimostratesi però inefficaci. Esso venne risolto mediante l’innesto della vite europea, produttrice di vini di qualità, su piede di vite americana o di suoi ibridi, resistenti agli attacchi della Fillossera: tale metodo è tuttora di generale applicazione.
LA PROPAGAZIONE DELLA VITE
La propagazione della vite può essere ottenuta per seme, propaggine (largamente usata prima dell’avvento della Fillossera), talea (non ha più un largo utilizzo, anche perché i vivaisti offrono barbatelle già innestate e radicate) e innesto. Quest’ultima è sicuramente la forma di propagazione per eccellenza della vite. Può essere effettuato con vari sistemi (a gemma o a marza) e con tecniche diverse per favorire l’attecchimento, ma in ogni caso richiede che il materiale di partenza sia sano, esente da traumi e lesioni, ben maturo e che corrisponda alla varietà e/o clone desiderato.
GLI IBRIDI
Gli ibridi produttori diretti (IPD) sono quei vitigni che, ottenuti per ibridazione tra una vite americana e quella europea, risultano resistenti alla fillossera e in grado di fornire un prodotto utilizzabile. I numerosi ibridi ottenuti dalla fine dell’Ottocento non hanno dimostrato però un’adeguata resistenza alla fillossera e pertanto la loro coltivazione aveva luogo solo previo innesto. Perciò, non essendo più franchi di piede, furono denominati ibridi produttori o IP.
Tali ibridi, poi, non sempre sono resistenti alla peronospora e all’oidio. Inoltre offrono un prodotto di qualità nettamente inferiore rispetto a quello della Vitis vinifera, che alla degustazione ha un particolare sapore, denominato foxy o volpino, che può essere trasmesso al vino. Il vino da essi ottenuto presenta inoltre due gravi difetti: la limitata conservabilità (inferiore all’anno) e il contenuto doppio di alcool metilico rispetto a quello ottenuto dalla vite europea. In Italia la superficie coltivata con tali ibridi è molto limitata (circa l’1%) a differenza della Francia (circa il 20%).
Tale differenza è dovuta ai diversi divieti legislativi sulla loro diffusione (il primo del 1931). La legislazione attuale vieta la commercializzazione di mosti e vini derivanti da piante di vite diversi da Vitis vinifera.
IL LAVORO DEL MIGLIORAMENTO GENETICO
Dal momento che gli ibridi produttori diretti non hanno risolto il problema della resistenza alla fillossera, il lavoro di miglioramento genetico è stato rivolto principalmente verso la ricerca di numerose specie pure o ibridi, naturali o indotti, da utilizzare come portinnesti. I tantissimi portinnesti ottenuti in più di un secolo di ricerche sono riconducibili ai seguenti gruppi:
A) Selezioni di linee pure.
B) Ibridi semplici e complessi tra viti americane.
C) Ibridi semplici e complessi tra vite europea e viti americane.
Di tutti questi portinnesti, per legge, in Italia ne possono essere coltivati solo una trentina.
Nella nomenclatura ufficiale dei portinnesti si ha la seguente sequenza:
- Nome corrispondente alla specie portaseme.
- Segni (x) o (-) indicanti rispettivamente l’incrocio artificiale o naturale.
- Nome corrispondente alla specie impollinante.
- Nome del costitutore.
- Numero, a volte seguito da lettere, corrispondente alla parcella del campo sperimentale.
I PRINCIPALI PORTAINNESTI
I principali portinnesti sono stati ottenuti incrociando tra di loro, o con vite europea, Vitis Berlandieri, Vitis riparia e Vitis rupestris.
A) Selezioni di linee pure: sono impropriamente definite linee pure, in quanto costituite da piante da seme di dubbia origine. Oggi sono rappresentate da due soggetti appartenenti rispettivamente alla Vitis riparia e alla Vitis rupestris; altri due, appartenenti alla Vitis Berlandieri, sono stati esclusi dalla moltiplicazione.
B) ibridi semplici e complessi tra viti americane: a questo gruppo appartiene la maggior parte degli ibridi di cui è consentita la moltiplicazione in italia. Berlandieri x Riparia è il gruppo più numeroso e comprende i portinnesti più impiegati sia in Italia che all’estero; poco considerato nel nostro Paese è il gruppo Berlandieri x Rupestris, anche se negli ultimi anni è stato rivalutato grazie alla notevole diffusione in Sicilia del “1103 Paulsen” e del “140 Ruggeri”. Del gruppo Riparia x Rupestris ne vengono utilizzati solo tre: “3309 Couderc”, “101.14 Millardet e De Grasset” e “Schwarzmann”. Gli ibridi complessi tra viti americane, in cui intervengono tre o più genitori, sono poco diffusi e di numero molto limitato (il più interessante è Riparia x (Cordifolia-Rupestris) 106.8.
C) ibridi semplici e complessi tra vite europea e viti americane: questi ibridi non hanno mai avuto un buon successo a causa della limitata resistenza alla fillossera determinata dal genitore europeo.
IL MIGLIORAMENTO GENETICO
I vitigni di vite europea sono oggetto da sempre di miglioramento, anche se non sempre attuato con metodi scientifici. In pratica è stato attuato un programma di miglioramento genetico applicando il metodo della selezione massale, cioè la scelta e moltiplicazione del materiale considerato migliore. In questo modo, però, si sono ottenute molte popolazioni clonali che, pur avendo origine da una popolazione pressoché uniforme, hanno subito nel tempo un numero tale di variazioni da essere considerate, oggi, addirittura come varietà diverse.
Un metodo sicuramente più rispondente alla situazione attuale è la selezione clonale, consistente nel prelevare materiale da riprodurre da un’unica pianta, in modo da creare un’unica popolazione clonale, omogenea fenotipicamente e genotipicamente. Vari sono i programmi di miglioramento basati su tale metodo allo scopo di migliorare quali-quantitativamente la varietà, di aumentare la resistenza alle fitopatie e individuare cloni virus-esenti.
L’AUTOFECONDAZIONE
Un altro metodo di miglioramento genetico è l’autofecondazione, consistente nel far fecondare il fiore da polline del medesimo grappolo. Anche l’incrocio è largamente utilizzato: se tale sistema è attuato impiegando varietà appartenenti alla medesima specie si ha il meticciamento, se si ricorre ad individui di specie diverse si avrà l’ibridazione.
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