LA PROTEZIONE DELLA FAUNA SELVATICA
Per fauna selvatica si intende la fauna proveniente direttamente dall’ambiente naturale, che si distingue in autoctona ed alloctona.
- Per fauna autoctona si intendono specie e sottospecie presenti naturalmente in una determinata area, dove si siano originate o siano giunte senza l’intervento umano.
- Per fauna alloctona si intendono specie e sottospecie non appartenenti alla fauna originaria di una determinata area, che vi siano giunte a seguito dell’immissione, intenzionale od accidentale, da parte dell’uomo.
LA FAUNA SELVATICA AUTOCTONA
Una specie, animale o vegetale, viene definita autoctona (dal greco autòs = medesimo e chthòn = terra) quando essa ha avuto origine nel medesimo areale in cui si trova. Ogni specie è legata ad un preciso ambito geografico nel quale si è originata e nel quale ha sviluppato, nel corso dell’evoluzione, complessi legami con tutte le altre componenti degli ecosistemi naturali. La fauna selvatica autoctona a vita libera è soggetta, inoltre, a particolari tutele volte sia a preservare la sua peculiarità che il suo ambiente, ai sensi della L. 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”.
A tal fine si dichiarano protetti tutti gli animali appartenenti alla fauna omeoterma, durante tutto l’arco dell’anno. Sono esclusi i prelievi venatori effettuati sulle specie cacciabili elencate nei calendari venatori, da chi è provvisto di regolare licenza di caccia, nei periodi di caccia, nelle modalità e con i mezzi consentiti. Allo stesso tempo è vietato catturare la fauna selvatica autoctona a vita libera o liberare in natura animali appartenenti alle predette specie ma provenienti da allevamenti o se importate da altri paesi. Ogni eccezione ai divieti prevede sempre particolari autorizzazioni impostate su principi scientifici basati sullo studio delle popolazioni.
LA FAUNA ALLOCTONA
Una specie viene indicata come alloctona (dal greco àllos = diverso e chthòn = terra) quando è stata rilasciata a causa dell’azione, intenzionale o accidentale, dell’uomo in aree diverse da quelle in cui si è originata ed è coevoluta. I canali di introduzione sono diversi e possono essere volontari (commerciali, pesca, agricoltura, motivi ornamentali, ecc) o accidentali (trasporto con altre merci, acque di zavorra, ecc.).
Per fauna “alloctona” (contrario di autoctona) si intende l’insieme di tutte quelle specie non appartenenti alla fauna originaria di una determinata area geografica, ma che vi sono giunte per l’intervento – intenzionale o accidentale – dell’uomo. Le immissioni faunistiche sono legate da sempre alla storia dell’uomo, basti pensare che animali che oggi consideriamo “locali” in realtà sono il frutto di antiche introduzioni che in molti casi sono arrivate a costituire un grave problema. Una specie alloctona viene definita invasiva quando, nei territori in cui è stata introdotta, si espande rapidamente (rispetto ai tempi dell’evoluzione naturale) creando impatti tangibili su altre specie ed ecosistemi.
Alcuni esempi di specie di interesse venatorio:
- Il muflone, introdotto in Europa continentale a partire dal 1700, danneggia seriamente la vegetazione a scapito degli altri erbivori, soprattutto in ambienti insulari.
- Il coniglio selvatico, introdotto a scopo venatorio un po’ in tutto il mondo, soprattutto nelle zone libere da predatori si è moltiplicato in maniera esponenziale, divenendo un serio problema per i raccolti.
- Il fagiano, che ha occupato l’habitat originariamente utilizzato dalla starna la quale, anche a causa dell’aumento di superficie agricola coltivata a monocoltura intensiva e dell’abbandono dei terreni agricoli collinari e montani, è divenuta protagonista di uno stato di decremento continuo perdurante da mezzo secolo.
LA TUTELA DELLA FAUNA SELVATICA
Un pericolo minaccia un quinto di tutti i vertebrati considerati a rischio di estinzione nel mondo. Non è la distruzione degli habitat, e neanche l’inquinamento o la caccia eccessiva. Il 20% di questi animali è in realtà minacciato da specie alloctone, cioè originarie di altre aree ed arrivate in seguito all’azione dell’uomo.
La fauna selvatica viene tutelata dalla Legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, dove omeoterma si riferisce nello specifico alle Classi dei Mammiferi o degli Uccelli, presenti in libertà sul territorio stabilmente o temporaneamente (ad esempio uccelli migratori). Per attuare la tutela della fauna selvatica, la suddetta legge agisce su tre fronti: l’attuazione di normative sovranazionali, la disciplina dell’attività venatoria e l’intervento diretto su singoli esemplari di fauna selvatica. Sono invece le Regioni che regolamentano tutto ciò che ha a che vedere con il soccorso, la detenzione temporanea e la successiva liberazione della fauna selvatica in difficoltà.
Per ciò che concerne le aree naturali protette il primo tra gli obiettivi generali è la conservazione degli ecosistemi che le caratterizzano, (art. 1 Legge quadro 394/’91 – L.R. 29/’97). Tra questi obiettivi, in attuazione alla Direttiva del Consiglio del 21/05/1992 “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” (Direttiva 92/43/CEE “Habitat”),
Sono inclusi i progetti di sistema relativi alla tutela della fauna selvatica, orientati in primo luogo al miglioramento delle conoscenze sulla biodiversità presente nelle aree naturali protette, cui fanno seguito le attività di monitoraggio e controllo sullo stato di qualità degli habitat e delle specie della fauna di importanza comunitaria.
LA SALVAGUARDIA DELLA FAUNA SELVATICA
L’Italia ha come mission prioritaria la tutela degli animali selvatici che, in quanto patrimonio indisponibile dello Stato, sono considerati interesse della comunità nazionale ed internazionale (Legge 157/1992).
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) rappresenta, in Italia, il più alto baluardo per la conservazione della fauna selvatica ma, a tutt’oggi, nonostante i suoi ricercatori ne studino lo stato, l’evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, non è in grado di quantificare con precisione la consistenza di tutte le popolazioni selvatiche presenti sui diversi territori regionali.
Ecco solo alcune delle pressioni che subisce la fauna selvatica indigena: Cementificazione e frammentazione degli habitat ad opera delle moderne infrastrutture; inquinamento dell’aria, dei terreni e delle falde acquifere conseguenti alle attività antropiche; agricoltura e allevamento animale intensivi per soddisfare i fabbisogni di una popolazione umana crescente e con una cultura alimentare basata prettamente sul consumo dei prodotti di origine animale; super sfruttamento delle risorse naturali ai fini commerciali basata sulle rigide logiche di mercato; incendi e degrado delle aree forestali conseguenti alle necessità criminali; introduzione di specie aliene ed invasive derivate dall’ignoranza delle interazioni biologiche:
- Fermo restando l’utilità delle stime prodotte dall’ISPRA, dei risultati scaturiti dalle attività di ricerca in campo ecologico, etologico, veterinario e genetico, i risultati ottenuti a livello centrale non riescono a soddisfare né le esigenze dei cacciatori né quelle degli animalisti.
- L’istituzione in ciascuna Regione di un’agenzia per il monitoraggio e la gestione dell’agro-ecosistema, implementerebbe istituzionalmente gli Istituti Faunistici già presenti e, in accordo con la normativa vigente, ridurrebbe drasticamente il numero di animali abbattuti attraverso la barbara pratica della caccia incentivando, allo stesso tempo, la partecipazione delle popolazioni rurali al processo di sviluppo sostenibile e di conservazione degli ambienti (agricoli, forestali e pastorali) contenendo così la perdita di biodiversità sia nelle aree protette sia in quelle non protette.
- La conoscenza in tempo reale della situazione della biodiversità regionale contribuirà, in maniera significativa a ridurne la perdita e ad avvicinarsi ai tre obiettivi principal: 1) conservazione della biodiversità; 2) uso sostenibile della biodiversità; 3) ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’uso delle risorse genetiche.
IL RECUPERO DELLA FAUNA SELVATICA
In tutto il territorio nazionale sono vietati la cattura di animali selvatici, il prelievo di nidi e di uova, e l’asportazione di “piccoli nati”, termine utilizzato per indicare sia uccelli nidiacei che neonati di mammiferi. L’unica circostanza in cui la raccolta di uova, nidi e piccoli nati è consentita, è la loro sottrazione a sicura distruzione o morte. Accade di frequente che esemplari feriti o in difficoltà vengano segnalati e consegnati per fornire un primo soccorso per poi trasportare gli animali nei Centri di recupero specializzati.
Per ciò che riguarda i compiti relativi al recupero della Fauna Selvatica, si è tenuti a rispettare alcune condizioni:
- Accogliere solo fauna selvatica, limitatamente alle specie tutelate ai sensi della Legge 157/’92.
- Accogliere animali che si trovino in una delle seguenti condizioni: in uno stato di generica difficoltà, a rischio di morte certa, o sequestrati vivi (ma in condizioni che non ne permettano l’immediato rilascio) da parte degli addetti alla vigilanza venatoria.
- Detenere gli animali accolti solo in via temporanea.
- Curare e riabilitare gli animali accolti.
- Avere come fine ultimo la liberazione/reintroduzione degli animali.
A questo proposito è necessario sottolineare che tutte le reintroduzioni o immissioni in natura, devono essere preventivamente autorizzate con relativa certificazione veterinaria, la quale accerti il normale stato fisico degli animali, che devono essere privi di malattie e non portatori di germi patogeni.
Chiunque trovi fauna selvatica in difficoltà deve avvisare subito le autorità locali o il servizio di vigilanza dell’area protetta, che interverranno secondo le corrette modalità. In queste situazioni infatti, è indispensabile accertarsi che l’animale sia veramente in pericolo, per questo è importante conoscere alcune regole basilari suggerite dalla LIPU.
LA LIBERAZIONE DELLE SPECIE SELVATICHE
È diffuso infatti l’erroneo convincimento che liberando specie selvatiche mantenute in cattività si regali loro una vita migliore, non riflettendo sugli enormi pericoli ai quali possono andare incontro gli animali né sui potenziali danni ambientali e biologici che ne derivano; ancora più gravi se l’immissione riguarda specie alloctone, come purtroppo si è già verificato sul territorio nazionale con le nutrie e gli scoiattoli grigi. Il legislatore comunitario ha posto particolare attenzione agli aspetti sanitari durante la movimentazione degli animali, ivi compresi quelli d’affezione, stabilendo precise regole sia nel caso di movimenti a carattere commerciale che non commerci.
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