LA MESSA A DIMORA DELLE VITI
Per la messa a dimora delle viti è necessario, prima di tutto, scegliere il periodo dell’anno più adatto a questa attività: per quel che riguarda le zone più temperate, la stagione migliore è quella della fine dell’autunno, mentre nelle zone in cui il clima è più freddo è necessario attendere la conclusione dell’inverno o, ancora meglio, l’inizio della primavera.
COSA BISOGNA SAPERE PER LA MESSA A DIMORA DELLE VITI
Prima di procedere con la messa a dimora delle viti non bisogna prendere in considerazione unicamente la temperatura ma è necessario valutare anche il terreno e, in particolare, il suo tenore di umidità: è indispensabile, infatti, che non sia eccessivo né in un senso né nell’altro, e quindi che non sia troppo umido o troppo asciutto. Le piantine di vite prendono il nome di barbatelle, e non sono altro che i piedi della vite stessa: la loro messa a dimora deve avvenire con le radici integre. Si tratta di un accorgimento che ha lo scopo di accelerare l’entrata in produzione e che, al tempo stesso, è in grado di agevolare lo sviluppo delle viti. Lo stesso si può dire anche per due altre azioni che vale la pena di intraprendere: la pacciamatura con film plastico e la forzatura con azoto. Inoltre, è preferibile allevare un germoglio solo già dal primo anno.
LA TECNICA DELLA PARAFFINATURA
Per la messa a dimora delle viti le barbatelle attualmente sono preparate con la tecnica della paraffinatura, al fine di dare vita a una pellicola impermeabile in virtù della quale non si possono verificare perdite di acqua dal taglio di potatura e dal punto di innesto. Le piante, insomma, non corrono il rischio di disseccamento. Nel caso in cui tale operazione non sia effettuata dal vivaista, è sufficiente potare i germogli avendo l’accortezza di lasciare un pezzo con un paio di gemme. Dopo aver tagliato le radici a una quindicina di centimetri di lunghezza, la parte in alto della pianta deve essere rapidamente immersa nella paraffina liquida fino a circa dieci centimetri, tenendo presente che la temperatura deve essere tra i 60 e i 70 gradi.
COME METTERE A DIMORA LE VITI
Sono molteplici i sistemi che possono essere adottati per la messa a dimora delle viti: l’uso del getto d’acqua, della forcella, della trapiantatrice meccanica laser, della buca o del foraterra varia a seconda delle necessità.
Dopo aver fissato le distanze d’impianto in base alla forma di allevamento prescelta e alle condizioni generali dell’appezzamento, si procede alla messa a dimora delle barbatelle innestate di vite o delle talee di viti radicate. Le soluzioni sono diverse.
- Nei piccoli impianti si preferisce in genere scavare una piccola buca con il badile o con la zappa e collocarvi la piantina, coprendone poi le radici.
- Un’altra possibilità consiste nel solcare il terreno con l’aratro lungo la linea del filare e collocarvi le talee di viti; successivamente si può richiudere il solco con il badile o con l’aratro stesso.
- Si può anche praticare un foro del diametro di 5-6 cme della profondità di 30-35 centimetri, nel quale collocare la piantina le cui radici saranno potate a pochi centimetri; per realizzare il foro si può usare un’attrezzatura manuale (palo) o meccanica (collegata alla trattrice).
- Ancora, con l’impiego di una forcella manuale si possono spingere alla profondità desiderata le barbatelle.
- Un quarto metodo consiste nell’ effettuare il foro d’impianto utilizzando un getto d’acqua proveniente da una pompa ad alta pressione.
- Infine, si può ricorrere ad un’apposita macchina trapiantatrice, gestita da contoterzisti e ormai diffusa in tutte le più importanti zone viticole italiane. Questo tipo di macchina è in grado di mettere a dimora anche 10.000 barbatelle al giorno impegnando non più di tre-quattro operatori.
Le ultime soluzioni (impianto con getto d’acqua e con trapiantatrice) sono le più economiche e oggi utilizzate.
L’ATTECCHIMENTO DELLE BARBATELLE
In ogni caso, perché ci sia una buona percentuale di attecchimento, occorre che siano rispettati alcuni punti fondamentali. Innanzi tutto, al momento della potatura di preparazione all’impianto, le viti devono essere perfettamente vitali sia nei tralci e nelle radici che nelle gemme.
Poi occorre sincerarsi che non si sia staccata la paraffina durante le operazioni di trasporto e di sistemazione delle giovani viti, con il rischio di perdita d’acqua dal taglio di potatura e quindi di disseccamento delle piantine; in questo caso è necessario coprire interamente la barbatella con il terreno.
Dopo l’impianto il terreno deve essere aderente alle radici, cioè non devono esserci sacche d’aria, che risultano essere dannose. Per questo, soprattutto per gli impianti primaverili, è utile un’irrigazione o la semplice distribuzione di alcuni litri di acqua vicino alla piantina appena messa a dimora.
LA MECCANIZZAZIONE DELLA MESSA A DIMORA DELLE VITI
La necessità di ridurre i costi d’impianto del vigneto e le possibilità offerte dall’evoluzione in atto delle macchine operatrici, accrescono l’interesse verso la meccanizzazione della messa a dimora delle barbatelle.
Le caratteristiche della viticoltura nazionale hanno reso sinora difficile la meccanizzazione di questa operazione per una serie di fattori che possono essere attribuiti:
- All’estrema variabilità dei terreni (composizione granulometrica e giacitura).
- Alla scelta del tipo di barbatelle (franche o innestate).
- Alle condizioni socio-economiche e culturali.
Fig. 1. Trapiantatrice in fase di messe a dimora delle barbatelle.
Riesce, quindi, arduo valutare le conseguenze tecniche ed economiche dovute all’introduzione della macchina trapiantatrice nel ciclo economico del vigneto, viste le caratteristiche “innovative” del procedimento in un tale contesto.
L’inserimento di una macchina di recente concezione, non va visto solo ed esclusivamente come fattore di riduzione del costo di produzione, ma anche sotto altri aspetti quali la qualità del lavoro svolto e la tempestività d’intervento.
Il trapianto meccanico, infatti, è caratterizzato da un cantiere di lavoro composto da pochi operai, 4 -5 addetti e da una elevata tempestività di intervento, riuscendo a mettere a dimora dalle 7.000 alle 13.000 barbatelle al giorno. La variabilità delle produttività dipende dalla geometria e dalla tessitura dell’appezzamento da impiantare. I migliori risultati si registrano in appezzamenti che permettono di realizzare file lunghe e con terreni tendenzialmente sciolti.
LA TRAPIANTATRICE DI BARBATELLE
La trapiantatrice di barbatelle è una macchina semiportata da trattore a ruote della potenza di 80-100 kW, che effettua in un solo passaggio, utilizzando un dispositivo meccanico, la messa a dimora delle barbatelle sulla fila alla distanza desiderata mediante un sistema fluido-meccanico.
La distanza tra le file viene assicurata, invece, dall’impiego di un dispositivo laser che evita l’esecuzione delle operazioni preliminari di squadratura dell’appezzamento.
Fig. 2. Schema del dispositivo laser per l’allineamento delle file.
Attualmente vi sono poche macchine che effettuano questo tipo di operazione, alcune di proprietà di aziende vitivinicole ed altre di società di servizi che operano in conto terzi. Di queste sono presenti due tipi: la “Wagner e la Fornacier.
La Wagner impiega esclusivamente barbatelle innestate, mentre la Fornacier impiega barbatelle sia innestate sia selvatiche, caratteristica che le permette di avere un più largo impiego della prima. Da ricerche condotte in questi ultimi anni è emerso che le barbatelle impiantate meccanicamente presentano, nei primi stadi di sviluppo, un accrescimento vegetativo maggiore di circa 2-4 volte rispetto a quelle impiantate manualmente. Tale tecnica infatti consente di far aderire bene le radici alle particelle di terreno senza creare spazi vuoti e inoltre di impiegare barbatelle con un apparato radicale ben sviluppato in grado di garantire una maggiore resistenza agli stress idrici.
IL LIMITE ALL’IMPIEGO DELLE TRAPIANTATRICI
L’unico limite d’impiego delle trapiantatrici consiste nell’elevata umidità dei suoli. Dopo piogge abbondanti risulta difficoltoso, soprattutto in terreni argillosi, impiegarle prima di alcuni giorni a causa dell’ingolfamento degli organi di lavoro.
In conclusione si può affermare che il trapianto meccanizzato, per i molteplici fattori tecnico-qualitativi a suo favore, è destinato ad incrementarsi sempre più garantendo ai viticoltori di effettuare le giuste programmazioni in linea con le esigenze del mercato vitivinicolo.
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